martedì 14 agosto 2012
sabato 4 agosto 2012
LA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA
CAPO I – LA NAZIONE –
LO STATO
Art. 1
La Nazione Italiana è
un organismo politico ed economico nel quale compiutamente si realizza la
stirpe con i suoi caratteri civili, religiosi, linguistici, giuridici, etici e
culturali. Ha vita, volontà, e fini superiori per potenza e durata a quelli degli
individui, isolati o raggruppati, che in ogni momento ne fanno parte.
Art. 2
Lo Stato italiano è
una Repubblica sociale. Esso costituisce l’organizzazione giuridica integrale
della Nazione.
Art. 3
La Repubblica Sociale
Italiana ha come scopi supremi: 1) la conquista e la conservazione della
libertà dell’Italia nel mondo, perché questa possa esplicare e sviluppare tutte
le sue energie e assolvere, nel consorzio internazionale fondato sulla giustizia,
la missione civile affidatale da Dio, segnata dai ventisette secoli della sua
storia, voluta dai suoi profeti, dai suoi martiri, dai suoi eroi, dai suoi geni
[le parole "voluta dai suoi profeti, dai suoi martiri, dai suoi eroi, dai
suoi geni" sono state cancellate da Mussolini e sostituite con la
congiunzione "e"], vivente nella coscienza nazionale; 2) il benessere
del popolo lavoratore, mediante la sua elevazione morale e intellettuale,
l’incremento della ricchezza del paese e un’equa distribuzione di questa, in
ragione del rendimento di ognuno nell’utilità [le parole
"nell’utilità" sono state cancellate da Mussolini e sostituite con le
parole "nella comunità"] nazionale.
Art. 4
La capitale della
Repubblica Sociale Italiana è Roma.
Art. 5
La bandiera nazionale
è quella tricolore: verde, bianca, rossa, col fascio repubblicano sulla punta
dell’asta.
Art. 6
La religione cattolica
apostolica e romana è la sola religione della Repubblica Sociale Italiana.
Art. 7
La Repubblica Sociale
Italiana riconosce la sovranità della Santa Sede nel campo internazionale, come
attributo inerente alla sua natura, in conformità alla sua tradizione e alle
esigenze della sua missione nel mondo. La Repubblica Sociale Italiana riconosce
alla Santa Sede la piena proprietà e la esclusività ed assoluta potestà e
giurisdizione sovrana sulla Città del Vaticano.
Art. 8
I rapporti tra la
Santa Sede e la Repubblica Sociale Italiana si svolgono nel sistema
concordatario, in conformità dei Trattati e del Concordato vigenti.
Art. 9
Gli altri culti sono
ammessi, purché non professino principi e non seguano riti contrari all’ordine
pubblico e al buon costume. L’esercizio anche pubblico di tali culti è libero,
con le sole limitazioni e responsabilità stabilite dalla legge.
CAPO II – STRUTTURA
DELLO STATO
Art. 10
La sovranità promana
[da] tutta la Nazione.
Art. 11
Sono organi supremi
della Nazione: il Popolo e il Duce della Repubblica.
§ I – Il popolo – La
rappresentanza
Art. 12
Il popolo partecipa
integralmente, in modo organico e permanente, alla vita dello Stato e concorre
alla determinazione delle direttive, degli istituti e degli atti idonei al
raggiungimento dei fini della Nazione, col suo lavoro, con la sua attività
politica e sociale, mediante gli organismi che si formano nel suo seno per
esprimere gli interessi morali, politici ed economici delle categorie di cui si
compone, e attraverso l’Assemblea costituente e la Camera dei rappresentanti
del lavoro.
Art. 13
Nell’esplicazione
delle sue funzioni sociali lo Stato, secondo i principi del decentramento, si
avvale, oltre che dei propri organi diretti, di tutte le forze della Nazione,
organizzandole giuridicamente in enti ausiliari territoriali e istituzionali,
ai quali concede una sfera di autonomia ai fini dello svolgimento dei compiti
loro assegnati nel modo più efficace e più utile per la Nazione.
SEZIONE I –
L’ASSEMBLEA COSTITUENTE
Art. 14
L’Assemblea
Costituente è composta da un numero di membri pari a 1 ogni 50.000 cittadini.
Deve essere l’espressione di tutte le forze vive della Nazione e pertanto
debbono farne parte:
per ragione delle loro
funzioni: coloro che, al momento della riunione della Costituente, fanno parte
del Governo della Repubblica e ricoprono determinate cariche
nell’amministrazione centrale e periferica dello Stato, nella magistratura,
nell’ordine scolastico, in enti locali territoriali e istituzionali, in
organismi politici e culturali ai quali lo Stato abbia riconosciuti o assegnati
compiti di alto interesse nazionale. La legge stabilisce le cariche che
importano in chi le ricopre appartenenza alla Costituente. I membri di diritto
non possono superare un terzo dei componenti della Costituente;
per elezione popolare,
coloro che siano designati a far parte della Costituente dagli appartenenti
alle organizzazioni riconosciute dallo Stato quali rappresentanti:
dei lavoratori
(imprenditori, operai, impiegati, tecnici, dirigenti) dell’industria,
dell’agricoltura, del commercio, del credito e dell’assicurazione, delle
professioni e arti, dell’artigianato e della cooperazione;
dei dipendenti dallo
Stato e dagli enti pubblici;
degli ex-combattenti
per la causa nazionale, e, in particolare, dei decorati e dei volontari;
delle famiglie dei
caduti per la causa nazionale;
delle famiglie
numerose;
degli italiani
all’estero;
delle altre categorie
che in dati momenti della vita nazionale siano riconosciute, per legge,
espressione di importanti interessi pubblici.
La legge stabilisce i
requisiti e le forme per il riconoscimento di tali organizzazioni, nonché, per
ciascuna di esse, il numero e i modi dell’elezione dei rappresentanti nella
Costituente.
Art. 15
La Costituente elegge
il Duce della Repubblica Sociale Italiana. Delibera:
sulla riforma della
Carta costituzionale o sulle deroghe eccezionali alle norme della stessa;
sugli argomenti di
supremo interesse nazionale che il Duce intenda sottoporle, o sui quali la
decisione della Costituente sia richiesta dalla Camera dei rappresentanti del
lavoro, con una maggioranza di almeno due terzi dei suoi membri di [sic, al
posto di "in"] carica.
Art. 16
La Costituente è
convocata dal Duce che ne fissa l’ordine del giorno. Nel caso di richiesta
della Camera dei rappresentanti del lavoro, ai sensi dell’articolo precedente,
la convocazione deve aver luogo entro un mese dal voto e nell’ordine del giorno
debbono essere inseriti gli argomenti indicati dalla Camera. In caso di
impedimento del Duce, la Costituente è convocata dal Capo del Governo. In caso
di morte del Duce la Costituente deve esser convocata per la nomina del
successore, entro un mese dalla morte.
SEZIONE II – LA CAMERA
DEI RAPPRESENTANTI DEL LAVORO
Art. 17
La Camera dei
rappresentanti del lavoro è composta di un numero di membri pari a 1 ogni
100.000 abitanti, eletti col sistema del suffragio universale diretto da tutti
i cittadini lavoratori maggiori degli anni 18. Di essa inoltre fanno parte di
diritto il Capo del Governo, nonché i Ministri e Sottosegretari di Stato.
Art. 18
Sono considerati
lavoratori coloro che sono rappresentati da un’Associazione professionale
riconosciuta e i dipendenti da enti eventualmente esenti dall’inquadramento.
Sono, agli effetti dell’elettorato attivo, equiparati ai lavoratori:
coloro che hanno
cessato di lavorare per ragioni di invalidità o vecchiaia;
coloro che seguono
regolarmente un corso di studi, in istituti scolastici statali o pareggiati;
coloro che siano
disoccupati involontari, o svolgano attività, da determinarsi per legge, fuori
del campo della disciplina professionale.
Art. 19
Possono essere eletti
rappresentanti del lavoro coloro che siano in possesso di tutti i seguenti
requisiti:
Siano maggiori degli
anni 25, oppure siano decorati al valor militare o civile, volontari di guerra,
mutilati o feriti di guerra o comunque per la causa nazionale, maggiori degli
anni 21;
siano elettori;
non abbiano subito
condanne per delitti o atti incompatibili colla dignità e il prestigio di
rappresentanti del lavoro. La legge determina tali delitti o atti, escludendo
quelli compiuti per ragioni di convinzioni politiche.
Art. 20
I membri della Camera
rappresentano tutto il popolo lavoratore, e non gli appartenenti alle
circoscrizioni territoriali o alle categorie professionali che li hanno eletti.
Art. 21
I rappresentanti del
lavoro non possono essere ammessi all’esercizio delle loro funzioni se non dopo
aver prestato il giuramento dinanzi a Dio e ai Caduti della patria di servire
con fedeltà la Repubblica Sociale Italiana, di osservare lealmente la
Costituzione e le leggi, nel solo intento del bene della Nazione.
Art. 22
I rappresentanti del
lavoro hanno il dovere di esprimere le loro opinioni e di dare i loro voti
secondo coscienza e per i fini della loro funzione. Sono liberi e insindacabili
nell’esercizio delle loro funzioni.
Art. 23
I rappresentanti del
lavoro non possono essere arrestati, salvo il caso di flagranza di delitto, né
processati, senza l’autorizzazione preventiva della Camera.
Art. 24
I rappresentanti del
lavoro restano in carica per tutta la durata della legislatura (art. 25). E
sono rieleggibili. Decadono però dalla loro funzione:
se tradiscono il
giuramento prestato;
se perdono alcuno dei
requisiti per la loro eleggibilità;
se trascurano i doveri
della funzione rimanendo assenti per dieci sedute consecutive della Camera,
senza autorizzazione da accordarsi dal Presidente (art. 34); qualora concorrano
giustificati motivi.
Art. 25
I lavori della Camera
sono divisi in legislature. Ogni legislatura dura cinque anni, ma può essere
sciolta anche prima, nel caso stabilito dal presente Statuto. La fine di
ciascuna legislatura è stabilita con decreto del Duce, su proposta del Capo del
Governo (art. 50). Il decreto fissa anche la data di convocazione
dell’Assemblea per ascoltare il discorso del Duce, col quale si inizia la
legislatura successiva.
Art. 26
La Camera dei
rappresentanti del lavoro collabora col Duce e col Governo per la formazione
delle leggi. Per l’esercizio dell’ordinaria funzione legislativa la Camera è
periodicamente convocata dal Capo del Governo.
Art. 27
Il potere di
proposizione delle leggi spetta al Duce (art. 41) e ai rappresentanti del
lavoro (art. 49).
Art. 28
La Camera esercita le
sue funzioni per mezzo dell’Assemblea plenaria, della Commissione generale del
bilancio e delle Commissioni legislative.
Art. 29
È di competenza
esclusiva della Assemblea plenaria la discussione e l’approvazione:
dei disegni di legge
concernenti: le attribuzioni e le prerogative del Capo del Governo; la facoltà
del Governo di emanare norme giuridiche; l’ordinamento professionale; i
rapporti fra lo Stato e la Santa Sede; i trattati internazionali che importino
variazioni al territorio dello Stato e delle Colonie; l’ordinamento
giudiziario, sia ordinario che amministrativo; le deleghe legislative di
carattere generale;
dei progetti di
bilancio e di rendiconto consuntivo dello Stato, delle aziende autonome statali
e degli enti pubblici economici di importanza nazionale la cui gestione sia
rilevante per il bilancio dello Stato;
dei disegni di legge
per i quali tale forma di discussione sia richiesta dal Governo o
dall’Assemblea, oppure proposta dalle Commissioni e autorizzata dal Capo del
Governo;
delle proposte di
sottoporre alla Costituente la decisione di argomenti di supremo interesse
nazionale.
Art. 30
Le sedute
dell’Assemblea plenaria sono pubbliche. Però la riunione può esser tenuta in
segreto, quando lo richiedano il Capo del Governo o almeno venti [cancellato da
Mussolini e corretto con "cinquanta"] dei rappresentanti del lavoro.
Le votazioni hanno sempre luogo in modo palese.
Art. 31
Le commissioni
legislative sono costituite, in relazione a determinate attività nazionali, dal
Presidente della Camera. Esse eleggono nel proprio seno il Presidente; a questo
spetta convocarle.
Art. 32
Sono [sic, al posto di
"È"] di competenza delle Commissioni la emanazione delle norme
giuridiche, aventi oggetto diverso da quello indicato nell’art. 28 e che
importano creazione, modifica o perdita dei diritti soggettivi dei cittadini,
salvo che la legge ne attribuisca la competenza anche ad altri enti e organi.
La legge determina i modi, le forme e i termini per la discussione e
l’approvazione dei disegni di legge sottoposti alle Commissioni legislative.
Art. 33
Le deliberazioni
dell’Assemblea plenaria e delle Commissioni sono prese a maggioranza assoluta,
salvo il caso dell’art. 15. Nessuna deliberazione è valida se non [è] presa con
la presenza di almeno due terzi e col voto di almeno la metà dei rappresentanti
del lavoro in carica.
Art. 34
La Camera:
provvede alla
approvazione e modifica del suo regolamento;
elegge, al principio
di ogni legislatura, il proprio Presidente e i Vice-Presidenti.
Il Presidente nomina
alle altre cariche stabilite dal regolamento della Camera.
§ II – Il Duce della
Repubblica Sociale Italiana
Art. 35
Il Duce della Repubblica
Sociale Italiana è il Capo dello Stato. Quale supremo interprete della volontà
nazionale, che è la volontà dello Stato, realizza in sé l’unità dello Stato.
Art. 36
È eletto
dall’Assemblea Costituente. Dura in carica cinque [cancellato da Mussolini e
corretto con "sette"] anni. È rieleggibile [Mussolini ha aggiunto le
parole "una volta sola"].
Art. 37
All’atto
dell’assunzione delle sue funzioni, deve prestare giuramento dinanzi a Dio e ai
Caduti per la Patria, di servire la Repubblica Sociale Italiana con tutte le
sue forze e di ispirarsi in ogni atto del suo ufficio all’interesse supremo
della Nazione e alla giustizia sociale.
Art. 38
Il Duce non è
responsabile verso alcun altro organo dello Stato per gli atti compiuti
nell’esercizio delle sue funzioni.
Art. 39
Il Duce comanda tutte
le forze armate, in tempo di pace a mezzo del Ministro per la Difesa Nazionale,
in tempo di guerra a mezzo del Capo di Stato Maggiore Generale; dichiara la
guerra; fa i trattati internazionali, dandone comunicazione alla Costituente o
alla Camera dei rappresentanti del lavoro appena che ritenga ciò consentito dai
supremi interessi dello Stato. I trattati che importino variazioni nel territorio
dello Stato, limitazioni o accrescimenti della sua sovranità o oneri per le
finanze, non diventano esecutivi se non dopo avere ottenuto l’approvazione
della Costituente o della Camera dei rappresentanti del lavoro, ai sensi di
questa Costituzione.
Art. 40
Il Duce esercita il
potere legislativo in collaborazione con il Governo e con la Camera dei
rappresentanti del lavoro.
Art. 41
Il Duce convoca ogni
anno la Camera. Può prorogarne le sessioni.
Art. 42
Qualora ravvisi il
dissenso politico tra il popolo dei lavoratori e la Camera, il Duce può
scioglierla, convocandone un’altra nel termine di tre mesi.
Art. 43
Il Duce presenta alla
Camera i disegni di legge per mezzo del Governo.
Art. 44
Il Duce sanziona le
leggi.
Art. 45
Al Duce appartiene il
potere esecutivo. Esso lo esercita direttamente e a mezzo del Governo. Il Duce
promulga le leggi. Il Duce nomina a tutte le cariche dello Stato. Con decreto
del Duce, sentito il Consiglio dei Ministri, sono emanate le norme giuridiche
per disciplinare:
l’esecuzione delle
leggi;
l’uso delle facoltà
spettanti al potere esecutivo;
l’organizzazione e il
funzionamento delle amministrazioni dello Stato, e di altri enti pubblici
indicati dalla legge.
Con decreto del Duce,
previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, possono emanarsi norme aventi
forza di legge:
quando il Governo sia
a ciò delegato da una legge;
nei casi di urgente e
assoluta necessità sulla materia di competenza dell’Assemblea generale e delle
Commissioni legislative della Camera, nonché per la messa in vigore dei disegni
di legge su cui le Commissioni legislative non abbiano deliberato nei termini
fissati dalla legge. In questi casi il Decreto del Duce deve essere a pena di
decadenza presentato alla Camera, per la conversione in legge, entro sei mesi
dalla sua pubblicazione. Se la Camera non l’approvi e decorrano due anni dalla
pubblicazione, senza che sia intervenuta la conversione, il decreto cessa di
aver vigore.
Art. 46
Il Duce ha il diritto
di amnistia, di grazia e di indulto.
Art. 47
Al Duce spetta di
istituire ordini cavallereschi e stabilirne gli statuti.
Art. 48
I titoli di nobiltà
sono mantenuti a coloro che vi hanno diritto. Al Duce spetta di conferirne di
nuovi.
§ III – Il Governo
Art. 49
Il Governo della
Repubblica è costituito dal Capo del Governo e dai Ministri.
Art. 50
Il Capo del Governo è
nominato e revocato dal Duce. È responsabile verso il Duce dell’indirizzo
generale politico del Governo.
Art. 51
Il capo del Governo
dirige e coordina l’opera dei Ministri, convoca il consiglio dei Ministri, ne
fissa l’ordine del giorno e lo presiede.
Art. 52
Nessuno oggetto può
esser posto all’ordine del giorno della Camera, senza il previo assenso del
Capo del Governo.
Art. 53
L’assenso del Capo del
Governo è necessario per presentazione alla Camera delle proposte di legge di
iniziativa dei rappresentanti del lavoro.
Art. 54
I Ministri sono
nominati e revocati dal Duce su proposta del Capo del Governo. Sono
responsabili verso il Duce e verso il Capo del Governo di tutti gli atti e
provvedimenti dei loro Ministeri.
Art. 55
I sottosegretari di
Stato sono nominati e revocati dal Duce, su proposta del Capo del Governo,
sentito il Ministro competente.
Art. 56
A giudicare dei reati
commessi da un Ministro con abuso delle sue funzioni, è competente la Camera
costituita in Corte giurisdizionale. L’azione è esercita da Commissari nominati
all’inizio di ogni legislatura e sostituiti in caso di vacanza, dal Presidente
della Camera. Contro le sentenze pronunziate dalla Camera come Corte
giurisdizionale non è dato alcun ricorso.
§ IV – Le forze armate
Art. 57
Le forze armate hanno
lo scopo di combattere per la difesa dell’onore, della libertà e del benessere
della Nazione. Esse comprendono l’Esercito, la Marina da guerra, l’Aeronautica.
Art. 58
La bandiera di
combattimento per le forze armate è il tricolore, con fregio e una frangia
marginale di alloro, e ai quattro lati il fascio repubblicano, una granata,
un’àncora e un’aquila.
Art. 59
La coscrizione
militare è un servizio d’onore per il popolo italiano, ed un privilegio per la
parte più eletta di esso. Tutti i cittadini hanno il diritto e il dovere di
servire in armi la Nazione, quando ne abbiano la idoneità fisica e non si
trovino nelle condizioni di indegnità morale, stabilite dalla legge.
Art. 60
Al Duce soltanto
spettano nei riguardi delle forze armate i poteri di coordinamento; di nomina e
di promozione, di ispezione, di dislocazione delle truppe, di mobilitazione.
§ V – La giurisdizione
Art. 61
La giurisdizione
garantisce l’attuazione del diritto positivo nello svolgimento dei fatti e dei
rapporti giuridici.
Art. 62
Le sentenze sono
emanate nel nome della Legge, della quale esse realizzano la volontà.
Art. 63
La funzione
giurisdizionale è esercitata dai giudici, collegiali o unici, nominati dal
Duce. La loro organizzazione, la loro competenza per materia e per territorio,
la procedura che debbono seguire nello svolgimento delle loro funzioni, sono
regolate dalla legge.
Art. 64
Una sola Suprema Corte
di cassazione è costituita per tutta la Repubblica. Essa ha sede in Roma. Ad
essa spetta di assicurare un’uniforme interpretazione e applicazione del
diritto da parte dei giudici di merito, e di risolvere i conflitti di
attribuzione tra l’autorità giudiziaria e quella amministrativa.
Art. 65
Nell’esercizio delle
sue funzioni è garantita piena indipendenza alla magistratura: questa è
vincolata dalla legge e soltanto dalla legge.
Art. 66
Nessuno può esser
punito per un fatto che non sia espressamente preveduto dalla legge, né con
pene che non siano da essa stabilite, né senza un giudizio svolto con le regole
da essa fissate.
Art. 67
Nei casi che debbono
essere determinati con legge approvata dall’Assemblea della Camera, possono
essere istituiti tribunali straordinari per un tempo limitato, e per
determinati delitti. La giurisdizione dei tribunali militari non può essere
estesa a cittadini non in servizio militare se non in tempo di guerra e per i
reati espressamente preveduti dalla legge.
Art. 68
Quando lo Stato e gli
altri enti pubblici agiscono nel campo del diritto privato sono pienamente
soggetti al codice civile e alle altre leggi.
Art. 69
Gli organi
amministrativi dello Stato e degli altri enti pubblici debbono ispirarsi
nell’esercizio delle loro funzioni alla realizzazione del principio della
giustizia nell’amministrazione.
Art. 70
Colui che sia stato
leso da un atto amministrativo in suo interesse legittimo, dopo l’esperimento
dei ricorsi gerarchici, in quanto ammessi, può proporre contro l’atto stesso
ricorso per violazione di legge, eccesso di potere e incompetenza dinanzi agli organi
della giustizia amministrativa. Questi, oltre alla generale competenza di
legittimità, hanno competenza di merito nei casi stabiliti dalla legge.
§ VI – La difesa della
stirpe
Art. 71
La Repubblica
considera l’incremento demografico come condizione per l’ascesa della Nazione e
per lo sviluppo della sua potenza militare, economica, civile.
Art. 72
La politica
demografica della Repubblica si svolge con tre finalità essenziali: numero,
sanità morale e fisica, purità della stirpe.
Art. 73
Presupposto della
politica demografica è la difesa della famiglia, nucleo essenziale della
struttura sociale dello Stato. La Repubblica la attua proteggendo e
consolidando tutti i valori religiosi e morali che cementano la famiglia, e in
particolare:
col favore accordato
al matrimonio, considerato anche quale dovere nazionale e fonte di diritti,
perché esso possa raggiungere tutte le sue alte finalità, prima: la
procreazione di prole sana e numerosa;
col riconoscimento
degli effetti civili al sacramento del matrimonio, disciplinato nel diritto
canonico;
col divieto di
matrimonio di cittadini italiani con sudditi di razza ebraica, e con la
speciale disciplina del matrimonio di cittadini italiani con sudditi di altre
razze o con stranieri;
con la tutela della
maternità;
con la prestazione di
aiuti e assistenza per il sostenimento degli oneri familiari. Speciali
agevolazioni spettano alle famiglie numerose.
Art. 74
La protezione
dell’infanzia e della giovinezza è un’elevata funzione pubblica, che la
Repubblica svolge, anche a mezzo appositi istituti, con l’ingerenza
nell’attività educativa familiare (art. 76), con la protezione della filiazione
illegittima e con l’assistenza tutelare dei minori abbandonati.
§ VII – L’educazione e
l‘istruzione del popolo
SEZIONE I –
Dell’Educazione
Art. 75
La Repubblica pone tra
i suoi principali compiti istituzionali l’educazione morale, sociale e politica
del popolo.
Art. 76
L’educazione dei
figli, conforme ai principi della morale e del sentimento nazionale, è il supremo
obbligo dei genitori. Lo Stato, col rispetto dei diritti e dei doveri della
patria potestà, invigila perché l’educazione familiare raggiunga i suoi fini di
formare l’onesto cittadino, lavoratore e soldato, e si avvale degli ordinamenti
scolastici per integrare e indirizzare l’opera della famiglia. Ove quest’opera
manchi, provvede a sostituirla, affidandone lo svolgimento a istituti di
pubblica assistenza o a privati.
Art. 77
Organo fondamentale
dell’educazione politica del popolo è il Partito fascista repubblicano. Esso è
riconosciuto come organo ausiliario dello Stato, e ha quali compiti essenziali:
difendere e potenziare
la rivoluzione, secondo i principi della dottrina di cui esso è assertore e
depositario;
suscitare e rafforzare
nel popolo la coscienza, la passione, la [corretto da Mussolini in "la
passione della"] solidarietà nazionale, e il dovere di subordinare tutti
gli interessi individuali e collettivi, all’interesse supremo della libertà
della Nazione nel mondo;
diffondere nel popolo
la conoscenza dei problemi internazionali e interni che interessano l’Italia.
Art. 78
L’iscrizione al P.F.R.
non importa alcun privilegio o speciale diritto. Essa importa il dovere di
votarsi fino al limite estremo delle proprie forze, con assoluto disinteresse e
purità d’intenti, alla causa nazionale. Fuor del campo delle attività aventi
carattere preminentemente politico, l’iscrizione al P.F.R. non è condizione né
costituisce titolo di preferenza per l’assunzione o la conservazione di
impieghi e cariche né per il trattamento morale ed economico dei lavoratori.
SEZIONE II –
Dell’Istruzione
Art. 79
La scuola si propone
la formazione di una cultura del popolo, inspirata agli eterni valori della
razza italiana e della sua civiltà.
Art. 80
I programmi scolastici
sono fissati in vista della funzione della scuola per l’educazione delle nuove
generazioni.
Art. 81
L’accesso agli studi e
la loro prosecuzione sono regolati esclusivamente col criterio delle capacità e
delle attitudini dimostrate. Collegi di Stato garantiscono la continuazione
degli studi ai giovani capaci non abbienti.
Art. 82
L’istruzione
elementare, da impartirsi in scuole chiare e salubri, è obbligatoria e gratuita
per tutti i cittadini della Repubblica.
Art. 83
La Repubblica Sociale
Italiana considera fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica
l’insegnamento della Dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla
tradizione cattolica: perciò l’insegnamento religioso è obbligatorio nelle
scuole pubbliche elementari e medie. La legge può stabilire particolari casi di
esenzione.
Art. 84
La fondazione e
l’esercizio di istituti privati di istruzione sono ammessi soltanto previa
autorizzazione dello Stato e sotto controllo di questo sull’organizzazione, i
programmi e la capacità morale e formazione scientifica degli insegnanti.
§ VIII –
L’amministrazione locale
Art. 85
I Comuni e le
Provincie sono enti ausiliari dello Stato. La loro istituzione e le loro
circoscrizioni sono regolate dalla legge.
Art. 86
I Comuni e le
Provincie hanno come fine esclusivo la tutela degli interessi amministrativi
dei cittadini che loro appartengono. A tal fine sono muniti dallo Stato di
poteri, che debbono esercitare coordinandoli e subordinandoli agli interessi
superiori della Nazione. Nello svolgimento delle loro funzioni i Comuni e le
Province agiscono in modo autonomo, secondo i principi del decentramento
amministrativo, ma sono sottoposti al controllo di legittimità e, nei casi
stabiliti dalla legge, al controllo di merito degli organi diretti dallo Stato.
Art. 87
Gli organi
dell’amministrazione autonoma locale sono stabiliti dalla legge. I Consigli
comunali e provinciali sono eletti col sistema del suffragio universale diretto
dai cittadini lavoratori residenti domiciliati nel territorio del Comune o
della Provincia.
Art. 88
I Consigli eleggono
nel loro seno il Podestà del Comune e il Preside della Provincia. La legge
stabilisce le cause di incapacità, ineleggibilità, incompatibilità per le
nomine a Podestà o a Preside. Tali nomine sono soggette all’approvazione dello
Stato, da darsi con decreto del Duce.
CAPO III – DIRITTI E
DOVERI DEL CITTADINO
Art. 89
La cittadinanza
italiana si acquista e si perde alle condizioni e nei modi stabiliti dalla
legge, sulla base del principio che essa è titolo d’onore da riconoscersi e
concedersi soltanto agli appartenenti alla stirpe ariana italiana. In
particolare la cittadinanza non può essere acquistata da appartenenti alla
razza ebraica e a razze di colore.
Art. 90
I sudditi di razza non
italiana non godono del diritto di servire l’Italia in armi, né, in genere, dei
diritti politici: godono dei diritti civili entro i limiti segnati dalla legge,
secondo il criterio della loro esclusione da ogni attività, culturale ed
economica, che presenti un interesse pubblico, anche se svolgentesi nel campo
del diritto privato. In quanto non particolarmente disposto vale per essi, in
quanto applicabile, il trattamento riservato agli stranieri.
Art. 91
Fondamentale dovere
del cittadino è quello di collaborare con tutte le sue forze, e in ogni campo
della sua attività, al raggiungimento dei fini supremi della Repubblica Sociale
Italiana, accettando volenterosamente e disciplinatamente, gli oneri, le
restrizioni ed i sacrifici che rispondono alle esigenze nazionali, per il
principio che non può essere veramente libero se non il cittadino della Nazione
libera.
Art. 92
Tutti i cittadini sono
uguali dinanzi alla legge.
Art. 93
I diritti civili e
politici sono attribuiti a tutti i cittadini. Ogni diritto soggettivo, pubblico
e privato, importa il dovere dell’esercizio in conformità del fine nazionale
per cui è concesso. A questo titolo lo Stato ne garantisce e tutela l’esercizio.
Art. 94
La libertà personale è
garantita. Nessuno può essere arrestato se non nei casi previsti e nelle forme
prescritte dalla legge. Nessun cittadino, arrestato in flagrante o fermato per
misure preventive, può esser trattenuto oltre tre giorni senza un ordine
dell’autorità giudiziaria nei casi previsti e nelle forme prescritte dalla
legge.
Art. 95
Il domicilio è
inviolabile. Tranne i casi di flagranza, nessuna visita o perquisizione
domiciliare è consentita senza ordine dell’autorità giudiziaria nei casi
previsti e nelle forme prescritte dalla legge.
Art. 96
A ogni cittadino deve
esser assicurata la facoltà di controllo, diretto o a traverso i suoi
rappresentanti, e di responsabile critica sugli atti politici e su quelli della
pubblica amministrazione, nonché sulle persone che li compiono o vi sono
preposte.
Art. 97
La libertà di parola,
di stampa, d’associazione, di culto è riconosciuta dalla Repubblica come
attributo essenziale della personalità umana e come strumento utile per gli
interessi e per lo sviluppo della Nazione. Deve esser garantita fino al limite
in cui è compatibile con le preminenti esigenze dello Stato e con la libertà
degli altri individui.
Art. 98
L’organizzazione
politica è libera. I partiti possono esplicare la loro attività di propaganda
delle loro idee e dei loro programmi, purché non in contrasto con i fini
supremi della Repubblica.
Art. 99
L’organizzazione
professionale è libera. Ma soltanto la Confederazione unitaria del lavoro della
tecnica e delle arti, o le associazioni ad essa aderenti e riconosciute dallo
Stato, rappresentano legalmente gli interessi di tutte le categorie produttive
e sono munite di pubblici poteri per lo svolgimento delle loro funzioni.
Art. 100
È vietata, salva la
preventiva autorizzazione dello Stato nel territorio della Repubblica, la
costituzione di associazioni aderenti a organizzazioni sindacali o politiche
straniere o internazionali, o che ne costituiscano sezioni o comunque
conservino con esse collegamenti.
Art. 101
È vietata nel
territorio della Repubblica la costituzione di società segrete.
CAPO IV – STRUTTURA
DELL’ECONOMIA NAZIONALE
§ I – La produzione e
il lavoro
SEZIONE I – La
Produzione
Art. 102
Il complesso della
produzione è unitario dal punto di vista nazionale. Suoi obiettivi sono il
benessere dei singoli e lo sviluppo della potenza della Nazione.
Art. 103
Nel campo della
produzione la Repubblica si propone di conseguire l’indipendenza economica
della Nazione, condizione e garanzia della sua libertà politica nel mondo. A
tale scopo la Repubblica, oltre a promuovere in tutti i modi l’aumento, il
perfezionamento della produzione e la riduzione dei costi, fissa, a mezzo dei
suoi organi e degli enti idonei, le direttive e i piani generali della
produzione nazionale o di settori di questa. All’osservanza di tali direttive e
al successo di tali piani sono impegnati tutti i lavoratori, sia nella
determinazione degli indirizzi, che nello svolgimento dell’attività produttiva.
Art. 104
Nei rapporti tra le
categorie dei vari rami della produzione nazionale, come nel seno di ogni
singola impresa, si attua la collaborazione dei diversi fattori della
produzione tra loro, il contemperamento dei loro interessi, la loro
subordinazione agli interessi superiori della Nazione.
Art. 105
La Repubblica
considera la proprietà privata frutto del lavoro e del risparmio individuale,
come completamento e mezzo di esplicazione della personalità umana, e ne
riconosce la funzione sociale e nazionale, quale un mezzo efficace per sviluppare
e moltiplicare la ricchezza e per porla a servizio della Nazione. A questi
titoli la Repubblica rispetta e tutela il diritto di proprietà privata e ne
garantisce l’esercizio e i trasferimenti sia per atto fra i vivi che per
successione legittima o testamentaria, secondo le regole stabilite dal codice
civile e dalle altre leggi.
Art. 106
La Repubblica protegge
con particolare cura la proprietà rurale, di interesse vitale per l’economia
nazionale e per la sanità morale e fisica della stirpe. Perciò favorisce con
ogni mezzo il ritorno ai campi, con la costruzione di case coloniche, con le agevolazioni
all’acquisto della piccola proprietà rurale da parte del più gran numero di
lavoratori, coltivatori diretti. Nei trasferimenti di terreni coltivabili o
coltivati non può farsi luogo a frazionamenti che non rispettino l’unità
colturale necessaria e sufficiente per il lavoro di una famiglia agricola o per
una conveniente coltivazione.
Art. 107
Si può procedere
all’espropriazione della proprietà privata per pubblico interesse, nei casi
legalmente accertati di pubblica utilità e quando il proprietario abbandoni o
trascuri l’esercizio del diritto in modo dannoso per l’economia nazionale. Si
può altresì disporre il trasferimento coattivo della proprietà, quando sia di
pubblico interesse assegnarne l’esercizio a persone o enti più adatti, ma solo
nelle ipotesi espressamente stabilite dalla legge. Sia in caso di
espropriazione che di trasferimenti coattivi nel pubblico interesse è dovuta al
proprietario una congrua indennità conformemente alle leggi.
Art. 108
La Repubblica
considera l’iniziativa privata nel campo della produzione come lo strumento più
utile nell’interesse della Nazione, e pertanto la favorisce e la controlla.
Art. 109
L’organizzazione
privata della produzione essendo una funzione di interesse nazionale,
l’organizzatore dell’impresa è responsabile dell’indirizzo della produzione di
fronte alla Repubblica.
Art. 110
L’intervento dello
Stato nella gestione di imprese economiche ha luogo nei casi in cui siano in
giuoco interessi politici dello Stato, nonché per controllare l’iniziativa privata
e per incoraggiarla, integrarla e, quando sia necessario, sostituirla se essa
si dimostri insufficiente o manchi.
Art. 111
La Repubblica assume
direttamente la gestione delle imprese che controllino settori essenziali per
la indipendenza economica e politica del Paese, nonché di imprese fornitrici di
prodotti e servizi indispensabili a regolare lo svolgimento della vita
economica del Paese. La determinazione delle imprese che si trovino in tale
situazione è fatta per legge.
Art. 112
In caso di assunzione
della gestione di imprese private, per insufficienza della loro iniziativa, lo
Stato la affida ad altro gestore privato, oppure, ma soltanto per il periodo in
cui ciò non sia possibile o conveniente, a speciali enti pubblici.
SEZIONE II – Il Lavoro
Art. 113
Il lavoro è il
soggetto e il fondamento dell’economia produttiva.
Art. 114
Il lavoro, sotto tutte
le sue forme organizzative ed esecutive, intellettuali, tecniche e manuali è un
dovere nazionale. Soltanto il cittadino che adempie il dovere del lavoro ha la
pienezza della capacità giuridica, politica e civile.
Art. 115
Come l’adempimento del
dovere di svolgere l’attività lavorativa secondo le capacità e attitudini di
ognuno è pari titolo di onore e di dignità, così la Repubblica assicura la
piena uguaglianza giuridica di tutti i lavoratori.
Art. 116
La Repubblica
garantisce a ogni cittadino il diritto al lavoro, mediante l’organizzazione e
l’incremento della produzione e mediante il controllo e la disciplina della
domanda e dell’offerta di lavoro. Il collocamento dei lavoratori è funzione
pubblica, svolta gratuitamente da idonei uffici dall’organizzazione
professionale riconosciuta.
Art. 117
Poiché la attuazione,
rigorosa e inderogabile, delle condizioni fondamentali costituenti garanzia del
lavoro è di preminente interesse pubblico, la disciplina del rapporto di lavoro
è affidata alla legge o alle norme da emanarsi dall’organizzazione
professionale riconosciuta. Tali norme si inseriscono automaticamente nei
contratti individuali, i quali possono contenere norme diverse ma soltanto più
favorevoli al lavoratore.
Art. 118
La retribuzione del
prestatore di lavoro deve corrispondere alle esigenze normali di vita, alle
possibilità della produzione e al rendimento del lavoro. Oltre alla
retribuzione normale saranno corrisposti al lavoratore anche nello spirito di
solidarietà tra i vari elementi della produzione, assegni in relazione agli
oneri familiari.
Art. 119
L’orario ordinario di
lavoro non può superare le 44 ore settimanali e le 8 ore giornaliere, salvo
esigenze di ordine pubblico per periodi determinati e per settori produttivi da
stabilirsi per legge. La legge o le norme emanate dalle associazioni
professionali riconosciute stabiliscono i casi e i limiti di ammissibilità del
lavoro straordinario e notturno e la misura della maggiorazione di retribuzione
rispetto a quella dovuta per il lavoro ordinario.
Art. 120
Il lavoratore ha
diritto a un giorno di riposo ogni settimana, di regola in coincidenza con la
domenica e a un periodo annuale di ferie retribuito.
Art. 121
Ogni lavoratore ha
diritto a sciogliere il rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Se il
licenziamento avviene senza sua colpa, il lavoratore ha diritto, oltre a un
congruo preavviso, a un’indennità proporzionata agli anni di servizio.
Art. 122
In caso di morte del
lavoratore, quanto a questo spetterebbe se fosse licenziato senza sua colpa,
spetta ai figli, al coniuge, ai parenti conviventi a carico o agli eredi, nei
modi stabiliti dalla legge.
Art. 123
La previdenza è
un’alta manifestazione del principio di collaborazione tra tutti gli elementi
della produzione, che debbono concorrere agli oneri di essa. La Repubblica
coordina e integra tale azione di previdenza, a mezzo dell’organizzazione
professionale, e con la costituzione di speciali Istituti per l’incremento e la
maggiore estensione delle assicurazioni sociali. L’opera convergente dello
Stato e delle categorie interessate deve garantire a tutti i lavoratori piena
assistenza per la vecchiaia, l’invalidità, gli infortuni sul lavoro, le
malattie, la gravidanza e puerperio, la disoccupazione involontaria, il
richiamo alle armi.
Art. 124
Allo scopo di dare e
accrescere la capacità tecnica e produttiva e il valore morale dei lavoratori e
di agevolare l’azione selettiva tra questi, la Repubblica anche a mezzo
dell’associazione professionale riconosciuta, promuove e sviluppa l’istruzione
professionale.
§ II – La gestione
socializzata dell’impresa
Art. 125
La gestione
dell’impresa, sia essa pubblica che privata, è socializzata. Ad essa prendono
parte diretta coloro che nell’impresa svolgono, in qualunque forma, una
effettiva attività produttiva.
Art. 126
Ogni impresa ha un
capo, responsabile di fronte allo Stato, politicamente e giuridicamente,
dell’andamento della produzione e della disciplina del lavoro nell’impresa.
Art. 127
Il capo dell’impresa
pubblica è nominato dal Governo.
Art. 128
Il capo dell’impresa
privata è l’imprenditore. Imprenditore è colui che ha organizzato l’impresa,
determinandone l’oggetto e lo scopo economico, o colui che ne ha preso posto.
Nelle imprese individuali o ad amministratore unico, il capo dell’impresa è il
titolare o l’amministratore unico. Nelle imprese con organo amministrativo
collegiale il capo dell’impresa è stabilito, dallo statuto o dall’atto
costitutivo, nella persona del Presidente del Consiglio di amministrazione o
dell’Amministratore delegato o di un tecnico, che può essere estraneo al
Consiglio, e a cui si conferiscono le funzioni di Direttore generale.
Art. 129
Le aziende pubbliche
sono amministrate da un Consiglio di gestione eletto dai lavoratori
dell’impresa, operai, impiegati tecnici. Il Consiglio di gestione decide su
tutte le questioni inerenti all’indirizzo e allo svolgimento della produzione
dell’impresa nel quadro del piano unitario nazionale determinato dalla
Repubblica a mezzo dei suoi competenti organi; forma il bilancio dell’impresa e
delibera la ripartizione degli utili determinando la parte spettante ai
lavoratori; decide sulle questioni inerenti alla disciplina e alla tutela del
lavoro.
Art. 130
Nelle imprese private,
degli organi collegiali di amministrazione, formati secondo la legge, gli atti
costitutivi e gli statuti fanno parte i rappresentanti degli operai, impiegati
e tecnici dell’impresa in numero non inferiore a quello dei rappresentati
eletti dall’assemblea dei portatori del capitale sociale, e uno o più
rappresentanti dello Stato qualora esso partecipi alla formazione del capitale.
Art. 131
Nelle imprese
individuali e in quelle per le quali l’atto costitutivo e gli statuti prevedano
un amministratore unico, qualora esse impieghino complessivamente almeno
cinquanta lavoratori, verrà costituito un consiglio di operai, impiegati e
tecnici dell’impresa di almeno tre membri. Il Consiglio collabora col titolare
dell’impresa e con l’amministratore unico alla gestione dell’impresa. Deve
esser sentito per la formazione del bilancio e per le decisioni che importino
trasformazione della struttura, della forma giuridica e dell’oggetto
dell’impresa.
Art. 132
In ogni impresa, che
occupi più di dieci lavoratori, si costituisce il consiglio di fabbrica, eletto
da tutti gli operai, impiegati e tecnici, il quale partecipa alla formazione
dei regolamenti interni e alla risoluzione delle questioni che possano sorgere
nella loro applicazione. Nelle imprese in cui non vi sia un organo collegiale,
di amministrazione né il consiglio dei lavoratori, il capo dell’impresa deve
sentire il parere del consiglio di fabbrica nelle questioni riguardanti la
disciplina del lavoro, e può sentirlo nelle altre questioni che egli intenda di
sottoporgli.
Art. 133
La legge, in relazione
alla situazione economica, stabilisce i limiti massimi e i modi con cui può
esser determinato il compenso al capitale impiegato nell’impresa, in generale o
per i vari tipi di esse. Entro questi limiti e nei modi consentiti la
determinazione del compenso è stabilita convenzionalmente.
Art. 134
Gli utili
dell’impresa, dopo la deduzione del compenso dovuto al capitale, sono
distribuiti tra il capo, gli amministratori e gli operai, impiegati e tecnici
dell’impresa, nelle proporzioni fissate per legge, per norma collettiva o, in
mancanza degli atti costitutivi, dagli statuti e dalle deliberazioni degli
organi di gestione. La parte degli utili non distribuita, è assegnata alla
riserva nei limiti minimi e massimi stabiliti dalla legge, e se vi sia ancora
un’eccedenza, questa è devoluta allo Stato che l’amministra o la impiega per
scopi di carattere sociale.
§ III –
L’organizzazione professionale
Art. 135
Tutte le categorie di
prestatori d’opera e di lavoratori, operai, impiegati, dirigenti, di artigiani,
di imprenditori, di professionisti e gli artisti sono organizzati in
un’organizzazione professionale nazionale. Nel seno dell’organizzazione unica
possono formarsi sezioni per le varie branche della produzione e per le varie
categorie professionali.
Art. 136
L’associazione
professionale unica si ispira ai principi della Repubblica Sociale Italiana e
ne cura l’attuazione nel campo dell’economia nazionale: essa costituisce
l’organizzazione giuridica a traverso la quale si opera la trasformazione di
tutte le forze della produzione in forze nazionali, e si realizza la loro
partecipazione stabile alla costituzione e alla vita dello Stato.
Art. 137
L’organizzazione
professionale unica ha l’esclusiva integrale rappresentanza degli interessi
delle categorie in essa organizzate. In virtù di questa integrale rappresentanza,
essendo gli interessi delle categorie produttive, considerate nella loro
funzione nazionale, di supremo interesse statale, essa è giuridicamente
riconosciuta come ente ausiliario dello Stato.
Art. 138
L’associazione
professionale unica ha come precipui compiti istituzionali, che essa può
assolvere anche a traverso le associazioni che si formino nel suo seno:
tutelare gli interessi delle categorie rappresentate, contemperandoli tra loro
e subordinandoli ai fini superiori della Nazione; promuovere in tutti i modi
l’incremento qualitativo e quantitativo della produzione, e la riduzione dei
costi e dei prezzi di beni e servizi, nell’interesse dei produttori e dei
consumatori; curare che gli appartenenti alle categorie produttive si
uniformino, nell’esercizio della loro attività, ai principi dell’ordinamento
sociale nazionale e agli obblighi che vi derivano; assicurare l’uguaglianza
giuridica tra i vari elementi della produzione, suscitarne e rafforzarne la
solidarietà tra loro e verso la Nazione; promuovere ed attuare provvedimenti e
istituti di previdenza sociale fra i produttori; coltivare l’istruzione,
specialmente professionale, e l’educazione morale, politica e religiosa degli
appartenenti alle categorie; prestare assistenza ai produttori rappresentati;
in genere svolgere tutte le altre funzioni utili al mantenimento della
disciplina della produzione e del lavoro.
Art. 139
All’associazione
professionale unica, per l’assolvimento dei suoi compiti lo Stato affida
l’esercizio di poteri:
normativo, per cui,
nelle forme e nei modi stabiliti dalla legge, essa detta norme giuridiche
obbligatorie per la disciplina dei rapporti collettivi di lavoro e può dettare,
ove se ne verifichi la necessità, norme giuridiche obbligatorie per la
disciplina dei rapporti collettivi economici ai fini del coordinamento della
produzione;
fiscale, per cui, onde
sostenere le spese obbligatorie facoltative connesse alle sue funzioni, può
imporre contributi a tutti i lavoratori rappresentati nella misura massima
stabilita dalla legge procedendo all’esazione colle procedure e i privilegi per
la riscossione delle imposte;
conciliativo, per cui
deve esperire il tentativo di conciliazione nelle controversie individuali e
collettive relative ai rapporti di lavoro e all’applicazione delle norme
collettive economiche da esso emanate: tale tentativo di conciliazione
costituisce un presupposto necessario per la proposizione delle relative
controversie giudiziarie;
disciplinare, per cui
può infliggere ai rappresentati sanzioni disciplinari determinate nello Statuto
dell’associazione, per inosservanza ai doveri nascenti dall’ordinamento sociale
nazionale; al fine di accertare tali eventuali inosservanze essa può disporre
gli opportuni controlli, a mezzo di propri organi e dei fiduciari di fabbrica,
ove siano istituiti;
consultivo, per cui il
suo parere deve esser sentito dalle amministrazioni dello Stato, nelle materie
interessanti la disciplina della produzione e del lavoro.
Art. 140
Nello svolgimento
delle sue funzioni la Confederazione unica gode di piena autonomia. I suoi atti
sono solamente sottoposti al controllo di legittimità, e le persone al
controllo politico dello Stato, a mezzo degli organi designati dalla legge.
Art. 141
Per la risoluzione
delle controversie collettive relative alla formazione, alla revisione o alla
interpretazione delle norme collettive di lavoro o alla interpretazione delle
norme collettive economiche, emanate dall’organizzazione professionale riconosciuta
è istituita la Magistratura del Lavoro, organo della Magistratura ordinaria. La
Magistratura del Lavoro è costituita da tre giudici dell’ordine giudiziario e
da due giudici esperti, da scegliere in appositi albi da tenersi nei modi
stabiliti dalla legge. Alla proposizione delle azioni per la risoluzione delle
controversie collettive è legittimata soltanto l’Associazione professionale
riconosciuta o, previa autorizzazione, le associazioni ad essa aderenti. In
mancanza, l’azione può essere proposta dal Pubblico Ministero, il cui ricorso
deve esser notificato alla Associazione professionale riconosciuta, che può
intervenire nel giudizio. Nelle controversie collettive promosse dalla
Associazione professionale, l’intervento del Pubblico Ministero è obbligatorio
a pena di nullità. Le decisioni della Magistratura del Lavoro in sede di
controversie collettive hanno la stessa efficacia delle norme collettive
emanate dalla organizzazione professionale riconosciuta. Tali decisioni non
possono essere impugnate se non per errori di procedura dinanzi alla Suprema
Corte di Cassazione.
Art. 142
Poiché l’ordinamento
giuridico della Repubblica fornisce tutti i mezzi per la composizione equa e
pacifica di ogni controversia collettiva nel campo del lavoro e della
produzione, lo sciopero, la serrata, l’inosservanza delle norme collettive ed
economiche e delle sentenze della Magistratura del Lavoro, e in genere tutti
gli altri atti di lotta sociale, sono puniti quali delitti contro l’economia
nazionale.
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