“Cosmopolitismo è una
espressione infelice, meschina. Noi siamo uomini di un determinato secolo, di
una determinata Nazione, di un certo ambiente, di un certo tipo. Queste sono le
condizioni necessarie, rispettando le quali possiamo conferire senso e profondità
alla vita ”.
(Oswald Spengler)
Ormai si tratta di un
fatto assodato, indiscutibile per tutti, l’immigrazione straniera preme sempre
più alle frontiere dell’Europa con ondate continue di intensità sempre maggiore
e, infatti, i più recenti rapporti redatti dalla Caritas, hanno già registrato
la consistenza della penetrazione immigratoria in circa 30 milioni di
extracomunitari stanziati sul territorio dell’Unione Europea. Il dato andrebbe
decisamente corretto al rialzo, fino ad almeno 50 milioni, se venissero
conteggiati quanti, nel frattempo, hanno potuto acquisire più o meno
legittimamente il diritto alla cittadinanza nelle singole nazioni. L’incidenza
numerica delle popolazioni immigrate in Europa ammonterebbe al 7% della
popolazione complessiva, con dislivelli notevoli tra le singole nazioni: lo
0,5% in Romania e Bulgaria, tra il 4 e l’8% nelle altre nazioni dell’Unione.
Contrasti simili vengono riproposti anche a livello interno: nella Gran
Bretagna, ad esempio, oltre un terzo degli stranieri risiederebbe nell’area
metropolitana di Londra; in Francia il 40% degli stranieri si stanzierebbe
nell’area di Parigi; in Spagna circa la metà degli immigrati si concentrerebbe
tra le aree di Madrid e quelle di Barcellona. In Italia, al contrario, è più
marcata la diffusione territoriale e sembrerebbe che solo un quinto del totale
degli immigrati si sia stabilita nelle province di Roma e di Milano.
L’Italia, purtroppo,
si trova oramai nella drammatica situazione di un avviato superamento della
fatale statistica soglia di allarme. Infatti già al gennaio del 2010 la
presenza accertata dalle autorità competenti ci riportava la cifra di oltre 4
milioni di stranieri installatisi sul territorio nazionale, quindi di un bel 7%
rispetto all’insieme della popolazione italiana.
Sono 4.235.059 (dei
quali ben 2.171.652 sarebbero femmine), per la precisione, gli immigrati
stranieri stanziati in Italia secondo recenti rapporti dell’ISTAT consegnati
alle autorità competenti e di questi i minori ammonterebbero alla considerevole
cifra di 932.675 unità (di cui il 22% nati nella nostra nazione), tanto da
confermarsi, sempre secondo i dati ufficiali diffusi, decisivi per il
contenimento del calo demografico in Italia.
Quindi gli stranieri
sono aumentati nel 2009 dell’8,8% (ben 343.764 in più) rispetto all’anno
precedente. Un incremento pertanto molto elevato anche se inferiore però agli
aumenti registrati nei due anni precedenti (+16,3% nel 2007 e +13,4% nel 2008).
Senza gli immigrati, ci informano le fonti governative, l’Italia sarebbe quindi
demograficamente più povera.
A fronte di un calo
numerico di 75 mila italiani (nel rapporto proporzionale esistente tra le
nascite e i decessi), la popolazione residente complessiva è aumentata nel 2009
di circa 295 mila persone e guarda caso solo per l’apporto degli immigrati
stranieri.
Non c’è che dire,
proprio una gran bella soddisfazione!
Parliamo appunto di
presenze accertate che, ovviamente, non tengono conto dei tanti irregolari
presenti illegalmente. Quindi complessivamente la cifra supererebbe
abbondantemente le 5 milioni di unità e anche la percentuale in proporzione
tenderebbe a salire in maniera preoccupante, con una massiccia concentrazione
degli stranieri nei quartieri delle città più importanti, solo a Roma gli
immigrati rappresenterebbero ben oltre il 7% della popolazione cittadina,
mentre a Milano la consistenza numerica salirebbe al livello del 8% e a Firenze
ben più del 7%. Pertanto nel complesso più che superiore alla media nazionale.
Possiamo, purtroppo,
già parlare sensatamente di una più che preoccupante variabile del fenomeno
immigratorio, ovvero di una evidente “immigrazione di popolamento”, che non
potrà che avere pesanti ricadute interne alzando ancor di più e in maniera
sempre più preoccupante la già elevata soglia di allarme su i temi specifici
della sicurezza sul territorio, dell’occupazione, della precarietà sociale dei
nostri connazionali e del nostro paesaggio culturale, identitario e spirituale
che, a maggior ragione, si troverà costretto a misurarsi con l’invadenza
prepotente di una presenza estranea alla vera natura della nostra Nazione e con
tutti i perniciosi ricatti di una pseudo-cultura curiosa e sradicata che
vorrebbe disegnare, per le generazioni future, tragici scenari cosmopoliti e
multirazziali pretendendo di relegare in termini definitivi nell’immondezzaio
della Storia l’autentica fisionomia culturale e spirituale che da tempo
immemore ha sempre contrassegnato ed identificato l’insieme del nostro popolo e
della nostra Nazione.
Anche l’istituzione
scolastica nel suo complesso, purtroppo, si sta velocemente adeguando alla
nuova situazione sia nei programmi educativi, sia nell’organizzazione interna,
per non parlare poi delle specifiche direttive emanate e relative
all’obbligatorio adeguamento delle mense scolastiche alle diverse “culture”
gastronomiche. La scuola multi-etnica si affaccerà sempre più come una triste
realtà con la quale doversi confrontare, soprattutto alla luce di oltre 800.000
nuove iscrizioni di studenti stranieri previste per il nuovo anno scolastico.
Stanno forse lavorando
alla programmazione dei “nuovi italiani” di domani? Purtroppo i numerosi
segnali volti in tal senso ci convincono sempre più di questo tragico scenario.
Non a caso, costoro, verrebbero già qualificati come i portatori di una “doppia
identità”.
Se le destinazioni
consuete del vettore migratorio proveniente dal “sud” del pianeta registrano
ancora un flusso stabile come nel caso della Germania, i paesi che si
affacciano sul Mediterraneo, come l’Italia e la Spagna, ne conoscono invece uno
smisurato incremento. Le realtà allogene più cospicue presenti in Gran Bretagna
sono ancora sempre quelle provenienti dal sub-continente indiano (Pakistan,
India e Bangladesh), che in un remoto passato era stato il fiore all’occhiello
dell’impero di Sua Maestà. In Francia e in Spagna i flussi migratori
provengono, invece, in buona parte, dal nord-Africa (Marocco, Algeria e
Tunisia), quasi come si trattasse di una sorta di obbligata eredità del
rapporto coloniale che legava in passato il Maghreb alle due nazioni. Le
autorità della Spagna, inoltre, continuano ad amministrare direttamente, ma con
difficoltà sempre maggiori, l’arcipelago delle Canarie e le enclavi in
territorio marocchino di Ceuta e Melilla. La Germania, infine, rappresenta costantemente
la destinazione principale degli arrivi dall’area balcanica, dai paesi dell’est
europeo e, storicamente, dalla Turchia. Difatti le autorità tedesche hanno
recentemente potuto censire 7,3 milioni di stranieri (tra i quali 1,8 milioni
di turchi e 560.000 slavi dell’est) in rapporto ai 75 milioni di tedeschi,
quindi corrispondenti al 9% della popolazione complessiva. Una gran bella
cifra!
Il contrasto culturale
e politico all’invasione immigratoria e la promozione del risveglio identitario
dei popoli europei rappresentato pertanto e sempre più urgentemente i temi
fondamentali per una battaglia culturale e politica indiscutibilmente decisiva
per gli assetti futuri. Una battaglia che sembra, adesso, avere anche
sollecitato la preoccupazione e l’attenzione di personaggi che, per formazione
e cultura, erano stati storicamente estranei alle tematiche identitarie come
l’ex-dirigente della Bundesbanked in passato anche esponente della SPD Thilo
Sarrazin, che è riuscito a scandalizzare l’intero mondo politico e finanziario
tedesco denunciando pubblicamente il rischio di estinzione della nazione
tedesca a causa delle invasive politiche favorenti l’immigrazione: “Non
desidero che il paese dei miei nipoti e pronipoti diventi in gran parte
musulmano, nel quale si parli prevalentemente turco e arabo, dove le donne
portano il velo ed il ritmo della giornata è scandito dai muezzin. Se voglio
questo, posso prenotare una vacanza in Oriente.” E rincarando la dose sempre
Thilo Sarrazin giungeva inoltre a precisare: “Ogni società ha il diritto di
decidere chi vuole accogliere ed ogni paese ha il diritto di salvaguardare la
propria cultura e le sue tradizioni. Queste riflessioni sono legittime anche in
Germania ed in Europa. Non vorrei che noi diventassimo stranieri in patria.”
Quindi riflessioni e
giustificate preoccupazioni, sempre più largamente condivise dalle singole
popolazioni europee, che vanno a focalizzare l’attenzione sui nodi centrali
della questione immigrazione, ovvero quelli relativi alla probabile
deformazione strutturale dell’originaria fisionomia delle singole nazioni e di
conseguenza dell’Europa.
A tal proposito si
dovrebbe tutti rileggere le pregnanti pagine dell’allucinante romanzo Il Campo
dei Santi pubblicato in Francia nel 1973 dallo scrittore ed esploratore
francese Jean Raspail (ora disponibile in versione italiana nella collana delle
Edizioni di Ar), dove si voleva mettere in guardia la Francia e l’Europa dalle
fatali conseguenze derivanti da una incontrollata deriva multirazziale,
terzomondista e immigratoria che alla lunga avrebbe inevitabilmente portato
alla traumatica e violenta disintegrazione dell’intera Civiltà europea. Un
terribile presagio che veniva annunciato, dal Raspail, attraverso l’utilizzo di
una libera citazione biblica tratta dall’Apocalisse di S.Giovanni: “Il tempo
dei mille anni giunge alla fine. Ecco, escono le nazioni che sono ai quattro
angoli della terra, il cui numero eguaglia la sabbia del mare. Esse partiranno
in spedizione sulla faccia della terra, assalteranno il campo dei Santi e la
Città diletta.”
Se allora, nel 1973,
quanto coraggiosamente narrato da Jean Raspail poteva apparire ai lettori
alquanto inverosimile e non plausibile ai meno accorti, possiamo oggi, con
quanto drammaticamente è accaduto (e continua ancora ad accadere, anche se
celato da una voluta e imbarazzante omertà) in termini di feroci rivolte da
parte di immigrati e naturalizzati in numerose città francesi e il cui
“contagio” sembra volersi espandersi nel resto dell’Europa, rimanere
indifferenti e perseverare nello scetticismo? Possiamo continuare ad appellarci
alla casualità e alla fortuita coincidenza dei fenomeni? Oppure dovremmo
parlare di un disastro annunciato? In tal caso dove affonderebbero le radici di
questo malessere diffuso?
I roghi che
sinistramente hanno illuminato le banlieues della regione di Parigi, di Tolosa,
di Lione, di Marsiglia, ecc…, non si sono limitati a consumare tra le fiamme
automobili, pullman di linea,empori, autobotti dei Vigili del Fuoco,
autoambulanze e automezzi della Gendarmeria. Nelle periferie devastate dai
casseurs africani e maghrebini di nazionalità francese (ma tra di loro vi erano
anche numerosi immigrati regolarizzati e non) si è disintegrato un intero e
fragile tessuto sociale, nei numerosi roghi si sono consumate le altrettanto
numerose promesse, fatte e mai mantenute, dalle “anime belle”
dell’universalismo cosmopolita e dell’assimilazionismo forzato. Sono bruciate
le sempre più deboli certezze proprie delle decadenti, sclerotizzate ed egoiste
democrazie capitaliste dell’Occidente liberale e libertario.
Soprattutto si è
disintegrata quella fantasia intellettuale, tipicamente mondialista, costituita
dalla “religione laica” dei Diritti dell’Uomo, la quarta “religione” monoteista
e modernista che è andata ad affiancarsi all’ebraismo, al cristianesimo e
all’islam e manifestatasi altrettanto, se non di più, esclusivista e
intollerante quanto le altre. Espressione, quindi, di un “mondo virtuale”
destinato necessariamente ad implodere. E non crediamo affatto di esagerare affermando
che le vicende francesi lo abbiano ben dimostrato.
Il tono prepotente e
“fieramente” anti-francese (e quindi nel complesso sostanzialmente
anti-europeo) che ha alimentato l’anarchica violenza e lo zelo vendicativo dei
rivoltosi ci ha potuto dare, anche, il senso e la chiave di lettura di una
violente sollevazione di natura etnica che ha preannunciato al mondo intero,
con gli atti di vandalismo e le violente dichiarazioni, la terribile
possibilità di volere prestare il fianco ad un inasprimento dello scontro in
una paventata versione di conflitto razziale. Tutto nei prossimi tempi verrà
soppesato sul piatto della bilancia dei rapporti di forza. I rivoltosi hanno
avuto comunque, e nonostante tutto continuano ad avere almeno per ora, buon
gioco nell’assestare colpi tremendi ad una identità francese sempre più fiacca
e moribonda al fine di rivendicare un ruolo di principali artefici della
pretesa edificazione di una innovativa Francia del futuro, coniata
artificiosamente a loro immagine e somiglianza.
La strategia
mondialista, certamente, emerge con tutta la sua forza con il fenomeno
dell’esodo “biblico” delle genti extraeuropee verso il nostro Continente.
Un’impressionante (anche perché quotidianamente avviene sotto i nostri occhi)
ondata terzo-mondista la cui definizione ormai semplicistica di ‘”immigrazione”
ci suona patetica e ipocrita alla luce della constatabile dimensione degli
spostamenti continui di popolazione proveniente dal Nord Africa, dall’Africa
nera e dal Medio ed Estremo Oriente e, inoltre, stando unicamente alla
valutazione del quantitativo numerico che caratterizzerebbe l’ampiezza e la
portata del fenomeno, risulterebbe puntuale, logico e maggiormente calzante
esprimersi con il termine crudo di “invasione”. Infatti il concetto di “invasione”,
come già è stato fatto notare dagli studiosi e analisti del fenomeno, non vuole
significare altro che l’ingresso di uno o più popoli nel territorio di un’altra
nazione, senza che quest’ultima possa opporsi a tale movimento. Pertanto questa
immigrazione cospicua, inarrestabile e incontrollata, che stiamo tutti subendo,
cosa altro può essere se non una invasione metodica e capillare?
Una “invasione” ben
particolare visto che ha potuto, purtroppo, vantare numerosisponsors tra coloro
che, all’insegna di una non ben chiara, ma certamente deleteria, “cultura della
solidarietà e dell’accoglienza” richiedono a gran voce esclusivamente maggiori
garanzie e tutele a beneficio degli extracomunitari, per non parlare poi di chi
apertamente si è fatto portabandiera di allarmanti proposte che ci parlano di
una auspicabile assimilazione totale e indiscriminata degli stranieri che
spalancherebbe la porta ad una ancor più drammatica “immigrazione di
popolamento”.
Già nei primi anni
novanta, quando in Italia emergevano le prime più che giustificate perplessità
sulla presenza degli immigrati stranieri, nelle principali città della nazione,
varie “agenzie pubblicitarie” politico-culturali, degenerati e falsi uomini di
“cultura” ed enti politici ricevettero cospicue commesse governative per
avviare tutta una serie di iniziative molto propagandistiche e molto poco
culturali al fine di convincere e di abituare la popolazione italiana alla
presenza, e pertanto alla prossima forzata coabitazione, con gli stranieri ed
accettare quindi come storicamente inevitabile l’avvento di una, a detta loro,
inevitabile (e per taluni versi anche auspicabile) futura società
multirazziale. Si trattava di una esplicita e concreta minaccia rivolta, in
nome di presunte ed ineluttabili trasformazioni previste dalla Storia, a tutti
coloro che avrebbero preteso di affermare il legittimo e doveroso diritto dei
popoli e delle nazioni a preservare sé stessi e la propria secolare identità
etnica e culturale. Pertanto per assecondare il progetto mondialista e cosmopolita
negli ultimi venti anni si sono mobilitate ibride schiere di parolai, di
perniciosi intellettuali, di sindacalisti, di eminenti politici e altrettanto
eminenti gerarchie ecclesiastiche tutte votate a favorire con ogni mezzo
l’avverarsi del progetto di una società dell’accoglienza protesa verso una
futura Europa cosmopolita e multirazziale.
Un fronte compatto di
mistificatori che, facendo ricorso ad una presunta fatalità storica e ad
altrettanto presunti sensi di colpa, infondevano nelle coscienze degli italiani
e degli europei una cupa rassegnazione riguardo all’incremento dei flussi
migratori al fine di predisporre gli animi all’immediata e forzata accoglienza
degli immigrati extracomunitari.
Predicando
incessantemente le parole d’ordine del pensiero mondialista sulla libertà di
emigrazione e di immigrazione, ovvero il procedere verso l’apertura
indiscriminata delle frontiere al fine di snaturare completamente un popolo e
renderlo qualcosa di “altro”, un insieme di individui amorfi orfani di una
qualsiasi identità e appartenenza senza più alcuna coesione culturale e storica
e pronti, quindi, a perdere anche il concetto stesso di città, regione, nazione
e patria. Uomini del mondo, apolidi votati al sincretismo pseudo-religioso e
pseudo-culturale e totalmente passivi e indifferenti ai mutamenti che li
circondano.
Nonostante i continui
disordini che continuano a investire il terzo e quarto mondo (e probabilmente
anche grazie ad essi) e l’arrivo continuo nelle nostre contee europee di masse
ingenti di stranieri, il meccanismo mondialista degli affari ha continuato a
prosperare senza limiti, anzi e proprio per questo che è stato sostanziato da
una crescita robusta e sostenuta del meccanismo speculativo
finanziario-capitalistico. Una crescita così falsa, orrendamente speculativa e
anarchica da causare le pesanti crisi degli ultimi periodi.
Nonostante, comunque,
le recenti e note difficoltà economiche, l’unificazione del pianeta all’insegna
del progresso tecnocratico e dello smisurato sviluppo economico e finanziario,
ovvero i valori fondanti e costitutivi dell’Occidente mercantilistico e
plutocratico, non è mai stata così avanzata. Nell’opinione dei suoi fanatici
“apostoli”, l’obbiettivo della progressiva affermazione in scala globale della
società multirazziale dovrà favorire la diffusione planetaria di modelli di
consumo sempre più omogenei che, rappresentando uno dei presupposti principali
per lo sviluppo del libero mercato globale, avvierà un processo di creazione di
una nuova configurazione sociale fondata sulla distruzione del senso di
appartenenza e sulla disintegrazione del legame, ancora oggi nonostante tutto
esistente, tra popolo e Storia, cultura e territorio, Nazione e destino.
Infatti, diversamente dalla organica visione identitaria, la visione
“cataclismica” promossa dal cosmopolitismo multirazziale potrà unicamente
produrre l’incubo di una irreale megalopoli mondialista, democraticamente
emancipata dove, solamente in astratta teoria, tutti gli uomini avrebbero il
loro posto e della quale ciascuno sarebbe un libero e indifferenziato
cittadino. Purtroppo siamo coscienti che le cose andranno differentemente, la
megalopoli cosmopolita e mondialista che essi farneticamente continuano a
paventare sarà terribilmente difforme, perchè vi regneranno l’ingiustizia, lo
sfruttamento, la violenza e l’odio. Si lacererà e la tanto decantata “bontà
egualitaria” che avrebbe dovuto favorire la pacifica convivenza e quindi
placare tutte le dispute darà invece all’ingiustizia, alla violenza, all’odio e
alla sopraffazione mezzi moltiplicati. Il rischio dell’annientamento puro e
semplice dell’umanità sarà più forte che mai. Questa ingannevole (e utopistica
in ogni caso) megalopoli mondialista non potrà che crollare per forza su se
stessa come la Torre di Babele, mentre l’Europa e il resto del mondo potrebbero
tornare di nuovo ad essere il terreno di una nuova disputa, del nuovo e allo
stesso tempo eterno conflitto che ha da sempre contrapposto la Civiltà alla
barbarie.
Quindi il porsi
conflittualmente sul tema drammatico dell’immigrazione e su tutto ciò che ne
conseguirebbe altro non significherebbe che reimmettere il nodo centrale del
riconoscimento del diritto-dovere all’appartenenza nazionale, culturale,
spirituale e popolare nel cuore stesso del conflitto politico riaffermando
l’intima forma della nostra preziosa e speculare identità, opponendosi al
cosmopolitismo apolide e oligarchico che vorrebbe piegare i popoli europei alla
fatale logica del melting-pot e delle “nuove cittadinanze” e restituendo al
nostro popolo il senso e il significato di una comune e speciale Origine
radicata in una memoria arcaica e ancestrale. Soprattutto evitando con tutte le
forze di ricadere in quel “peccato di omissione” che era stato puntualmente
stigmatizzato dall’intellettuale identitario Adolf Bartels: “Sulla terra c’è
una colpa antichissima e sempre nuova, non restare fedeli al proprio popolo,
non restare fedeli a se stessi.”
Se è vero che il
criminale processo globalizzatore vuole tracimare le consistenze identitarie
anche attraverso richiami a vaghi e indistinti “diritti umanitari alla
cittadinanza” da attribuire indistintamente e indiscriminatamente a chiunque,
cioè, alla fin fine, a tutti coloro che più o meno lecitamente, ma sempre più
spesso illegalmente, penetrano nella nostra Nazione e per inciso poi
rivendicano, anche, arrogantemente il “diritto” (?!?) a rimanerci in pianta
stabile, risulta altrettanto evidente che questa parodia, ipocritamente
umanitaria, offende e minaccia la nostra intelligenza e la nostra stessa sostanza
popolare, le nostre radici, la nostra forma identitaria, la nostra specifica
“forma di vita” con tutti i nessi interiori e superiori che la ordinano;
mettendo a repentaglio la nostra stessa sopravvivenza culturale, spirituale ed
etnica modificando il “paesaggio” che per secoli ci ha visti protagonisti e
artefici del nostro destino, insomma tutti quei caratteri che ci mantengono e
ci conservano, nonostante tutto, ancora come un popolo dando così forma e
sostanza alla nostra Nazione.
Maurizio Rossi
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