domenica 10 aprile 2011

ISLAMISMO E IL SUICIDIO IDENTITARIO ITALIANO

    

 



Anche se è difficile fare un censimento delle minoranze musulmane in Italia, a causa della presenza di molti immigrati “irregolari”, proverò a dare alcune cifre.
In una intervista concessa alla Radio Vaticana il 7 febbraio 2006, l’allora ministro dell’Interno italiano Giuseppe Pisanu affermò che «Le moschee e i luoghi di preghiera crescono di pari passo con l’immigrazione islamica che è circa il 35% della complessiva immigrazione italiana. Quella islamica è ormai la seconda religione del nostro Paese».
Secondo il comunicato dell’Istituto Italiano di Statistica–ISTAT, diffuso il 17 ottobre 2006, al 1° gennaio 2006 gli stranieri residenti in Italia erano 2.670.514 (1.350.588 maschi e 1.319.926 femmine). Quindi, facendo i conti, l’immigrazione islamica ufficiale in Italia, alla fine del 2005, era pari a 934.000 unità (il 35% di 2.670.514). Poi ci sono gli immigrati non ufficiali, sui quali è difficile avere dei dati.
Ma quando è iniziato il fenomeno migratorio? Le statistiche sui cittadini stranieri soggiornanti in Italia sono disponibili solo a partire dal 1970. Alla fine di quell’anno gli stranieri erano 143.838 e solo nel 1979 vengono superate le 200.000 unità.
Tra il 1979 e il 1980 si ha un’impennata, e si passa da 205.499 a 298.749 immigrati, con un incremento del 45,4%. In realtà, questo dato è probabilmente frutto del nuovo sistema di registrazione dei permessi di soggiorno varato in quel periodo.
Negli anni ’80 seguono aumenti contenuti, che benché inferiori al 10%, consentono di superare la soglia dei 400.000 soggiornanti nel 1984.
Negli anni ’90 si assiste al raddoppio dei soggiornanti, che passano da 649.000 a fine 1991 a 1.341.000 nel 2000. Il 1997 è un anno simbolico, in cui viene superata la cifra di un milione di unità.
Dal 2001 assistiamo ad un ritmo più sostenuto: 1.360.049 presenze secondo l’Archivio del Ministero dell’Interno, 1.448.392 secondo i dati ISTAT; 1.512.324 presenze secondo il Ministero dell’Interno nel 2002, dati sostanzialmente confermati dall’ISTAT (1.503.286); 2.193.999 nel 2003, anno in cui si superano i due milioni di presenze; 2.319.000 nel 2004, fino a giungere ai 2.670.514 del 2005 e a 1.583.000 di Musulmani presenti all'interno dei confini Nazionali del 2011 ( Dossier statistico Migrantes 2011)
Oggi in Italia operano 400 moschee e 700 luoghi di culto (Farnesina 2011)


«Il progressivo costituirsi in Italia di una popolazione musulmana è strettamente collegato al fenomeno delle migrazioni internazionali, che hanno interessato in modo crescente il nostro paese negli ultimi 15 anni, provocandone il coinvolgimento in tutta una serie di problematiche sociali e culturali già in corso nella maggior parte dei paesi dell’unione europea», scriveva Andrea Pacini sei anni fa (I musulmani in Italia. Dinamiche organizzative e processi di interazione con la società e le istituzioni italiane, in S. Ferrari (a cura di), Musulmani in Italia. La condizione giuridica delle comunità islamiche, Il Mulino, Bologna 2000, pp. 12-52).
E Stefano Allievi notava: «Il ciclo migratorio italiano appare più tardivo di quello europeo centro settentrionale, essendo l’Italia, fino ai primi anni Settanta, ancora un paese esportatore di mano d’opera (…). E sensibilmente diverso appare anche il suo “ciclo musulmano”. Non solo perché ovviamente più recente, ma anche perché le sue caratteristiche sono profondamente diverse da quelle di altri paesi europei» (Musulmani d’Occidente, Carocci, Roma, 2002, p. 49).
L’arrivo dell’immigrazione islamica in Italia
L’Islam in Italia è stato una realtà modesta fino alla fine degli anni ’60, costituita da alcune centinaia di studenti, soprattutto siriani, giordani, palestinesi e iraniani.
La prima presenza musulmana organizzata in Italia risale al 1971, con la costituzione dell’USMI (Unione degli Studenti Musulmani d’Italia), localizzata principalmente nelle città sedi di università, soprattutto a Perugia, dove c’è l’Università per gli Stranieri. Nel decennio tra il 1970 e il 1980 l’USMI apre una decina di luoghi di preghiera.
Nel contempo, a Roma si costituisce il più ufficiale Centro Culturale Islamico, espressione dei governi sunniti arabi, e il cui consiglio di amministrazione è composto prevalentemente da ambasciatori di tali Paesi presso lo Stato italiano o la Santa Sede. Nel 1974 tale Centro inizia a progettare la costruzione della Grande Moschea di Forte Antenne a Roma, che sarà inaugurata, tra molte polemiche, venti anni dopo, nel 1995.
Questo fa sì che molti studiosi del fenomeno migratorio islamico distinguano tra due forme di organizzazione dell’Islam sunnita in Italia: l’“Islam delle moschee” e l’“Islam degli Stati”.
Islamismo e “Fratelli Musulmani”
In questo quadro si innesta la questione dell’“islamismo”, nome con cui si designa il vasto movimento di risveglio islamico del XX secolo, che vuole reagire alla occidentalizzazione dei Paesi islamici avvenuta col colonialismo, reazione che ha per fine una nuova islamizzazione.
Nell’islamismo si possono distinguere due tendenze, una “radicale”, che si propone la conquista del potere politico e, quindi, l’islamizzazione, dall’“alto”, e una “neo-tradizionalista”, che propugna l’islamizzazione dal “basso”, ovvero partendo dal cosiddetto popolo delle moschee.
In questa seconda tendenza si può certamente inquadrare la organizzazione islamista più importante, quella dei “Fratelli Musulmani”, fondata in Egitto nel 1928 da Hasan al-Banna (1906-1949).
Va notata, a questo proposito, una importante diversità di strategia dei “Fratelli Musulmani”. Questi, nei Paesi a maggioranza islamica, perseguono una politica di islamizzazione della società, mentre nei Paesi dove i musulmani sono una minoranza, agiscono per la creazione di spazi islamizzati nella società, all’interno dei quali ai musulmani sunniti siano riconosciuti “diritti collettivi” e uno statuto comunitario specifico (con riferimento in particolare al diritto di famiglia).
In Italia i “Fratelli Musulmani” sono in un certo senso rappresentati dall’UCOOII (Unione delle Comunità e delle Organizzazioni Islamiche in Italia), costituita ad Ancona nel 1990 sulle ceneri dell’USMI, che emerge come la realtà musulmana italiana più diffusa e più radicata nel territorio e che, pur costituendo espressione del cosiddetto “popolo delle moschee” e della islamizzazione dal “basso”, collabora con la Lega Musulmana Mondiale (Rabita), fondata alla Mecca nel 1962 e presente in Italia dal 1997, espressione dell’Arabia Saudita e, quindi, dell’Islam degli “Stati” e dell’islamizzazione dall’alto.
Questa strana alleanza probabilmente è nata dal comune desiderio delle due parti di contrastare la penetrazione sciita nel mondo sunnita, soprattutto dopo la rivoluzione khomeinista in Iran.
All’UCOOII fanno capo una trentina di centri islamici ed una ottantina di moschee, oltre circa trecento luoghi di preghiera che non hanno ancora lo “status” di moschea e alcune volte sono siti in appartamenti privati.
Tra le organizzazioni musulmane operanti in Italia e rappresentanti il cosiddetto Islam degli “Stati”, vanno annoverate la “mosche di Stato” di Palermo, gestita direttamente dal governo tunisino, l’Istituto Culturale Islamico (I.C.I.), sostenuto dall’Egitto, e la Missione Culturale dell’Ambasciata del Marocco.
Verso il suicidio della nostra identità
L’aumento della presenza degli islamici in Italia, la cui visione della vita si trova a fare i conti con la nostra realtà, la nostra storia, la nostra fede e la nostra cultura, è causa di numerosi problemi per la nostra società e ci pone di fronte ad una sfida. Tra le questioni emergenti vi è quella della poligamia.
Questo problema è stato recentemente portato alla ribalta dei media italiani dal noto scrittore di religione musulmana e vice-direttore del più importante quotidiano italiano, il Corriere della Sera, Magdi Allam.
Commentando, tra l’altro, l’art. 11 della bozza di legge sulla libertà religiosa, all’esame del Parlamento, che legittimerebbe la poligamia in Italia, proprio dalle colonne del giornale di cui è vice-direttore, in un articolo apparso l’11 dicembre 2006 dal titolo: Moschee e poligamia, in Italia troppi cedimenti, Allam scrive: «Ma ciò che sfugge a questa inequivocabile presa di posizione di principio è la realtà della poligamia che c’è già in Italia e che viene celebrata nelle moschee d’Italia. Non si vuole comprendere che il matrimonio islamico di per sé contempla la poligamia. Così come non si vuole vedere che l’Ucoii vorrebbe continuare a celebrare nelle moschee matrimoni poligamici anche se non riconosciuti dallo Stato. (….) Siamo arrivati al punto in cui in Italia le moschee le richiedono gli integralisti e gli estremisti islamici, ma le vogliono e le finanziano le istituzioni italiane. Che la poligamia è rivendicata dagli integralisti e estremisti islamici, ma l’approva sostanzialmente (negandola formalmente) la sinistra al potere. Vista dall’alto delle ideologie, è un’Italia che procede ciecamente verso il mito del multiculturalismo. Vista dal basso del vissuto delle persone, è un’Italia condannata inesorabilmente al suicidio».
Ciò avviene, paradossalmente, ma non troppo, proprio nel momento in cui in Italia si vorrebbe legittimare il cosiddetto “matrimonio” omosessuale ed ogni forma di convivenza di fatto. Non troppo paradossalmente, in realtà, perché, in entrambi i casi si tratta di un “vulnus” all’istituto della famiglia monogamica, che abbiamo ereditato dal diritto romano e che è stato elevato alla dignità di sacramento dalla religione cattolica, che costituisce il fondamento e la cellula primaria della società occidentale.
Il confronto su questi temi, inevitabile, data la innegabile differenza di retaggio culturale tra le due civiltà, deve essere franco, aperto e virile. La possibilita' di un rigetto violento e spontaneo della invadente realta' Islamica in Italia , rimane una possibilita' concreta, come e' quella di una mobilitazione simultanea di oltre un milione e mezzo di fedeli Musulmani presenti con finalita' aggressive nella ipotesi di uno stato di crisi geostrategica globale o circoscritta all'area del bacino mediterraneo.

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