lunedì 30 aprile 2012


"Frau Goebbels non tradì fino all'ultimo il minimo segno di paura. La incontravamo per le scale, che saliva due gradini per volta, elastica ed elegante, sorridendo cordialmente alle persone che incontrava. Quale madre di sei figli, di cui cinque nel Bunker, mostrava una forza d'animo veramente ammirevole, che indubbiamente era sostenuta dalla sua fede fanatica e quasi religiosa in Hitler."


Testamento privato del Fuhrer


"Negli anni della lotta non credetti di potermi assumere la responsabilità del matrimonio, ma ora, alla fine di questa mia esistenza terrena, ho deciso di sposare la ragazza che, dopo anni di fedele amicizia, è venuta di sua volontà a condividere il mio destino nella città ormai circondata. Per suo desiderio muore come mia moglie. La morte ci renderà ciò che i miei doveri verso la Nazione ci privarono in vita.
Ciò che posseggo - per quel poco che vale - apparterrà al Partito. Se il Partito non dovesse più esistere, allo Stato. Se anche lo Stato non dovesse più esistere, ogni altra mia disposizione è superflua.
Nel corso degli anni ho raccolto dei quadri, non per mio privato interesse, ma per poter un giorno costituire una galleria di pittura nella mia città di Linz. Che tale lascito avvenga è il mio più vivo desiderio.
Nomino esecutore testamentario il mio fedele camerata Martin Bormann. Egli è autorizzato a dare esecuzione legale alle mie volontà. Gli è concesso di metter da parte quanto possa avere il valore di personale ricordo, o che possa servire a garantire una modesta vita borghese ai miei fratelli, e sopratutto alla madre di mia moglie, e ai miei vecchi collaboratori e collaboratrici, segretari e segretarie, in particolar modo Frau Winter, che per tanti anni mi ha coadiuvato nel mio lavoro.
Io e mia moglie scegliamo la morte per sottrarci all'onta della deposizione e della capitolazione. E' nostro desiderio esser cremati nel luogo dove per dodici anni ho lavorato quotidianamente al servizio del popolo tedesco.

Berlino, 29 Aprile 1945, ore 4

Firmato: Adolf Hitler

Testimoni:
Martin Bormann, Dr. Joseph Goebbels, Nikolaus von Below".



"Mio Fuhrer, perché rimanete? Perché private la Germania della vostra vita? Il Fuhrer deve vivere affinché la Germania viva".
"No Hanna. Se muoio, è per l'onore del nostro paese; è perché come soldato debbo obbedire all'ordine da me stesso dato, di difendere Berlino fino all'ultimo... Mia cara ragazza, io non credevo che le cose sarebbero andate così. Ero fermamente convinto che Berlino potesse essere salvata sulle rive dell'Oder... Quando i nostri disperati sforzi fallirono, ne sono stato agghiacciato più d'ogni altro. Poi ebbe inizio l'accerchiamento della città e credetti che, se fossi rimasto, tutte le nostre armate avrebbero seguito il mio esempio e sarebbero venute a liberare la città... Cara Hanna, lo spero ancora. Wenck sta avanzando con la sua Armata. E' suo dovere, ed egli non verrà meno a tale dovere, ricacciare i Russi per salvare il nostro popolo. Allora potremo ancora resistere..."

(La Reitsch durante un colloquio con Hitler nel bunker)

mercoledì 25 aprile 2012


“Due dei nostri ragazzi arrivano di corsa…..
Stanno trasportando qualcuno. Come si avvicinano, vediamo che è una ragazzina. E’ completamente nuda. Da uno dei nostri automezzi, uno dei ragazzi prende un cappotto militare e la avvolge con quello prima di raggiungerci. I capelli in disordine, lo sguardo fisso e sconvolto. Lividi macchiano il volto e il collo. Il ventre e le cosce sono coperti di sangue e ripete senza interruzione: “Voglio morire. Lasciatemi, lasciatemi!”.
Abbian già capito di cosa si tratta. I due camerati che l’han trasportata fin lì ci raccontano che i Rossi, durante una sparatoria in una strada di villini, hanno improvvisamente cessato il fuoco ed esposto una bandiera bianca. Prima che i nostri avessero tempo di capire cosa stesse accadendo, avevano intravisto nel fumo degli spari alcune figure giallastre che gettavano una donna fuori di una porta. Si era trascinata fino alle nostre linee, di là della strada, mentre dietro di lei echeggiavano le rozze risate dei bolscevichi…
Per crudele che sia la vista, non possiamo però smettere di guardarla. I nostri occhi sono abituati ad ogni orrore, ma non a questo. La bocca si contorce, gli occhi guardano convulsi e febbricitanti. Le mani non si stanno ferme un momento mentre il tenero corpicino geme, si agita, sussulta. Non è ancora una donna, è quasi una bambina. Più di quindici anni non può avere sicuramente. Con due cappotti e un paio di tavole di legno improvvisiamo una barella e con quella i due portatori si affrettarono via di nuovo”.

A Charlottenburg, Hannelore von Cnuba, di 17 anni, è violentata da un gruppo di soldati ubriachi che poi le sparan tre colpi di rivoltella. Nei rifugi si violentan le donne, e poi si spacca loro la testa contro le pareti. A Kreuzberg, soldati sovietici violentano una vecchia di ottant’anni dopo averle riempito la bocca di burro per soffocare le grida. Nella casa di Maternità di Dahlem, le suore e le puerpere sono continuamente violentate da branchi sempre nuovi di soldati. Molte donne si buttan dalla finestra. Molte si impiccano. I reverendi Josep Michake e Alfons Matzer, padri gesuiti di Treptow, comprendono fino a che punto siano arrivati i Russi quando ripescan nell’Havel una madre che si è affogata tenendo i due figli e due borse di mattoni sotto le braccia. Anche le ragazze russe che i Tedeschi han portato a Berlino come lavoratrici, e che a giudizio dei loro connazionali si sono troppo “civilizzate”, non sfuggono alle violenze. A Dahlem, la madre superiora è uccisa mentre tenta di difendere la cuoca ucraina del convento.

martedì 24 aprile 2012


"Raggiante di serenità, libera da ogni umano timore, questa donna piccola e delicata spiccava in mezzo ai molti uomini. Ne provai un'involontaria vergogna per il sesso maschile. Mentre i più nel Bunker, militari o funzionari del partito, si abbandonavano a sconsolati pensieri, i suoi occhi raggiavano una ferrea volontà. Quando Hitler il giorno dopo le consegnò una fiala di veleno, solo un sorriso le passò sul volto...."