domenica 13 maggio 2012

L' Invasione immigratoria annuncia la fine dell' Europa



“Cosmopolitismo è una espressione infelice, meschina. Noi siamo uomini di un determinato secolo, di una determinata Nazione, di un certo ambiente, di un certo tipo. Queste sono le condizioni necessarie, rispettando le quali possiamo conferire senso e profondità alla vita ”.

(Oswald Spengler)

Ormai si tratta di un fatto assodato, indiscutibile per tutti, l’immigrazione straniera preme sempre più alle frontiere dell’Europa con ondate continue di intensità sempre maggiore e, infatti, i più recenti rapporti redatti dalla Caritas, hanno già registrato la consistenza della penetrazione immigratoria in circa 30 milioni di extracomunitari stanziati sul territorio dell’Unione Europea. Il dato andrebbe decisamente corretto al rialzo, fino ad almeno 50 milioni, se venissero conteggiati quanti, nel frattempo, hanno potuto acquisire più o meno legittimamente il diritto alla cittadinanza nelle singole nazioni. L’incidenza numerica delle popolazioni immigrate in Europa ammonterebbe al 7% della popolazione complessiva, con dislivelli notevoli tra le singole nazioni: lo 0,5% in Romania e Bulgaria, tra il 4 e l’8% nelle altre nazioni dell’Unione. Contrasti simili vengono riproposti anche a livello interno: nella Gran Bretagna, ad esempio, oltre un terzo degli stranieri risiederebbe nell’area metropolitana di Londra; in Francia il 40% degli stranieri si stanzierebbe nell’area di Parigi; in Spagna circa la metà degli immigrati si concentrerebbe tra le aree di Madrid e quelle di Barcellona. In Italia, al contrario, è più marcata la diffusione territoriale e sembrerebbe che solo un quinto del totale degli immigrati si sia stabilita nelle province di Roma e di Milano.

L’Italia, purtroppo, si trova oramai nella drammatica situazione di un avviato superamento della fatale statistica soglia di allarme. Infatti già al gennaio del 2010 la presenza accertata dalle autorità competenti ci riportava la cifra di oltre 4 milioni di stranieri installatisi sul territorio nazionale, quindi di un bel 7% rispetto all’insieme della popolazione italiana.

Sono 4.235.059 (dei quali ben 2.171.652 sarebbero femmine), per la precisione, gli immigrati stranieri stanziati in Italia secondo recenti rapporti dell’ISTAT consegnati alle autorità competenti e di questi i minori ammonterebbero alla considerevole cifra di 932.675 unità (di cui il 22% nati nella nostra nazione), tanto da confermarsi, sempre secondo i dati ufficiali diffusi, decisivi per il contenimento del calo demografico in Italia.

Quindi gli stranieri sono aumentati nel 2009 dell’8,8% (ben 343.764 in più) rispetto all’anno precedente. Un incremento pertanto molto elevato anche se inferiore però agli aumenti registrati nei due anni precedenti (+16,3% nel 2007 e +13,4% nel 2008). Senza gli immigrati, ci informano le fonti governative, l’Italia sarebbe quindi demograficamente più povera.

A fronte di un calo numerico di 75 mila italiani (nel rapporto proporzionale esistente tra le nascite e i decessi), la popolazione residente complessiva è aumentata nel 2009 di circa 295 mila persone e guarda caso solo per l’apporto degli immigrati stranieri.

Non c’è che dire, proprio una gran bella soddisfazione!

Parliamo appunto di presenze accertate che, ovviamente, non tengono conto dei tanti irregolari presenti illegalmente. Quindi complessivamente la cifra supererebbe abbondantemente le 5 milioni di unità e anche la percentuale in proporzione tenderebbe a salire in maniera preoccupante, con una massiccia concentrazione degli stranieri nei quartieri delle città più importanti, solo a Roma gli immigrati rappresenterebbero ben oltre il 7% della popolazione cittadina, mentre a Milano la consistenza numerica salirebbe al livello del 8% e a Firenze ben più del 7%. Pertanto nel complesso più che superiore alla media nazionale.

Possiamo, purtroppo, già parlare sensatamente di una più che preoccupante variabile del fenomeno immigratorio, ovvero di una evidente “immigrazione di popolamento”, che non potrà che avere pesanti ricadute interne alzando ancor di più e in maniera sempre più preoccupante la già elevata soglia di allarme su i temi specifici della sicurezza sul territorio, dell’occupazione, della precarietà sociale dei nostri connazionali e del nostro paesaggio culturale, identitario e spirituale che, a maggior ragione, si troverà costretto a misurarsi con l’invadenza prepotente di una presenza estranea alla vera natura della nostra Nazione e con tutti i perniciosi ricatti di una pseudo-cultura curiosa e sradicata che vorrebbe disegnare, per le generazioni future, tragici scenari cosmopoliti e multirazziali pretendendo di relegare in termini definitivi nell’immondezzaio della Storia l’autentica fisionomia culturale e spirituale che da tempo immemore ha sempre contrassegnato ed identificato l’insieme del nostro popolo e della nostra Nazione.

Anche l’istituzione scolastica nel suo complesso, purtroppo, si sta velocemente adeguando alla nuova situazione sia nei programmi educativi, sia nell’organizzazione interna, per non parlare poi delle specifiche direttive emanate e relative all’obbligatorio adeguamento delle mense scolastiche alle diverse “culture” gastronomiche. La scuola multi-etnica si affaccerà sempre più come una triste realtà con la quale doversi confrontare, soprattutto alla luce di oltre 800.000 nuove iscrizioni di studenti stranieri previste per il nuovo anno scolastico.

Stanno forse lavorando alla programmazione dei “nuovi italiani” di domani? Purtroppo i numerosi segnali volti in tal senso ci convincono sempre più di questo tragico scenario. Non a caso, costoro, verrebbero già qualificati come i portatori di una “doppia identità”.

Se le destinazioni consuete del vettore migratorio proveniente dal “sud” del pianeta registrano ancora un flusso stabile come nel caso della Germania, i paesi che si affacciano sul Mediterraneo, come l’Italia e la Spagna, ne conoscono invece uno smisurato incremento. Le realtà allogene più cospicue presenti in Gran Bretagna sono ancora sempre quelle provenienti dal sub-continente indiano (Pakistan, India e Bangladesh), che in un remoto passato era stato il fiore all’occhiello dell’impero di Sua Maestà. In Francia e in Spagna i flussi migratori provengono, invece, in buona parte, dal nord-Africa (Marocco, Algeria e Tunisia), quasi come si trattasse di una sorta di obbligata eredità del rapporto coloniale che legava in passato il Maghreb alle due nazioni. Le autorità della Spagna, inoltre, continuano ad amministrare direttamente, ma con difficoltà sempre maggiori, l’arcipelago delle Canarie e le enclavi in territorio marocchino di Ceuta e Melilla. La Germania, infine, rappresenta costantemente la destinazione principale degli arrivi dall’area balcanica, dai paesi dell’est europeo e, storicamente, dalla Turchia. Difatti le autorità tedesche hanno recentemente potuto censire 7,3 milioni di stranieri (tra i quali 1,8 milioni di turchi e 560.000 slavi dell’est) in rapporto ai 75 milioni di tedeschi, quindi corrispondenti al 9% della popolazione complessiva. Una gran bella cifra!

Il contrasto culturale e politico all’invasione immigratoria e la promozione del risveglio identitario dei popoli europei rappresentato pertanto e sempre più urgentemente i temi fondamentali per una battaglia culturale e politica indiscutibilmente decisiva per gli assetti futuri. Una battaglia che sembra, adesso, avere anche sollecitato la preoccupazione e l’attenzione di personaggi che, per formazione e cultura, erano stati storicamente estranei alle tematiche identitarie come l’ex-dirigente della Bundesbanked in passato anche esponente della SPD Thilo Sarrazin, che è riuscito a scandalizzare l’intero mondo politico e finanziario tedesco denunciando pubblicamente il rischio di estinzione della nazione tedesca a causa delle invasive politiche favorenti l’immigrazione: “Non desidero che il paese dei miei nipoti e pronipoti diventi in gran parte musulmano, nel quale si parli prevalentemente turco e arabo, dove le donne portano il velo ed il ritmo della giornata è scandito dai muezzin. Se voglio questo, posso prenotare una vacanza in Oriente.” E rincarando la dose sempre Thilo Sarrazin giungeva inoltre a precisare: “Ogni società ha il diritto di decidere chi vuole accogliere ed ogni paese ha il diritto di salvaguardare la propria cultura e le sue tradizioni. Queste riflessioni sono legittime anche in Germania ed in Europa. Non vorrei che noi diventassimo stranieri in patria.”

Quindi riflessioni e giustificate preoccupazioni, sempre più largamente condivise dalle singole popolazioni europee, che vanno a focalizzare l’attenzione sui nodi centrali della questione immigrazione, ovvero quelli relativi alla probabile deformazione strutturale dell’originaria fisionomia delle singole nazioni e di conseguenza dell’Europa.

A tal proposito si dovrebbe tutti rileggere le pregnanti pagine dell’allucinante romanzo Il Campo dei Santi pubblicato in Francia nel 1973 dallo scrittore ed esploratore francese Jean Raspail (ora disponibile in versione italiana nella collana delle Edizioni di Ar), dove si voleva mettere in guardia la Francia e l’Europa dalle fatali conseguenze derivanti da una incontrollata deriva multirazziale, terzomondista e immigratoria che alla lunga avrebbe inevitabilmente portato alla traumatica e violenta disintegrazione dell’intera Civiltà europea. Un terribile presagio che veniva annunciato, dal Raspail, attraverso l’utilizzo di una libera citazione biblica tratta dall’Apocalisse di S.Giovanni: “Il tempo dei mille anni giunge alla fine. Ecco, escono le nazioni che sono ai quattro angoli della terra, il cui numero eguaglia la sabbia del mare. Esse partiranno in spedizione sulla faccia della terra, assalteranno il campo dei Santi e la Città diletta.”

Se allora, nel 1973, quanto coraggiosamente narrato da Jean Raspail poteva apparire ai lettori alquanto inverosimile e non plausibile ai meno accorti, possiamo oggi, con quanto drammaticamente è accaduto (e continua ancora ad accadere, anche se celato da una voluta e imbarazzante omertà) in termini di feroci rivolte da parte di immigrati e naturalizzati in numerose città francesi e il cui “contagio” sembra volersi espandersi nel resto dell’Europa, rimanere indifferenti e perseverare nello scetticismo? Possiamo continuare ad appellarci alla casualità e alla fortuita coincidenza dei fenomeni? Oppure dovremmo parlare di un disastro annunciato? In tal caso dove affonderebbero le radici di questo malessere diffuso?

I roghi che sinistramente hanno illuminato le banlieues della regione di Parigi, di Tolosa, di Lione, di Marsiglia, ecc…, non si sono limitati a consumare tra le fiamme automobili, pullman di linea,empori, autobotti dei Vigili del Fuoco, autoambulanze e automezzi della Gendarmeria. Nelle periferie devastate dai casseurs africani e maghrebini di nazionalità francese (ma tra di loro vi erano anche numerosi immigrati regolarizzati e non) si è disintegrato un intero e fragile tessuto sociale, nei numerosi roghi si sono consumate le altrettanto numerose promesse, fatte e mai mantenute, dalle “anime belle” dell’universalismo cosmopolita e dell’assimilazionismo forzato. Sono bruciate le sempre più deboli certezze proprie delle decadenti, sclerotizzate ed egoiste democrazie capitaliste dell’Occidente liberale e libertario.

Soprattutto si è disintegrata quella fantasia intellettuale, tipicamente mondialista, costituita dalla “religione laica” dei Diritti dell’Uomo, la quarta “religione” monoteista e modernista che è andata ad affiancarsi all’ebraismo, al cristianesimo e all’islam e manifestatasi altrettanto, se non di più, esclusivista e intollerante quanto le altre. Espressione, quindi, di un “mondo virtuale” destinato necessariamente ad implodere. E non crediamo affatto di esagerare affermando che le vicende francesi lo abbiano ben dimostrato.

Il tono prepotente e “fieramente” anti-francese (e quindi nel complesso sostanzialmente anti-europeo) che ha alimentato l’anarchica violenza e lo zelo vendicativo dei rivoltosi ci ha potuto dare, anche, il senso e la chiave di lettura di una violente sollevazione di natura etnica che ha preannunciato al mondo intero, con gli atti di vandalismo e le violente dichiarazioni, la terribile possibilità di volere prestare il fianco ad un inasprimento dello scontro in una paventata versione di conflitto razziale. Tutto nei prossimi tempi verrà soppesato sul piatto della bilancia dei rapporti di forza. I rivoltosi hanno avuto comunque, e nonostante tutto continuano ad avere almeno per ora, buon gioco nell’assestare colpi tremendi ad una identità francese sempre più fiacca e moribonda al fine di rivendicare un ruolo di principali artefici della pretesa edificazione di una innovativa Francia del futuro, coniata artificiosamente a loro immagine e somiglianza.

La strategia mondialista, certamente, emerge con tutta la sua forza con il fenomeno dell’esodo “biblico” delle genti extraeuropee verso il nostro Continente. Un’impressionante (anche perché quotidianamente avviene sotto i nostri occhi) ondata terzo-mondista la cui definizione ormai semplicistica di ‘”immigrazione” ci suona patetica e ipocrita alla luce della constatabile dimensione degli spostamenti continui di popolazione proveniente dal Nord Africa, dall’Africa nera e dal Medio ed Estremo Oriente e, inoltre, stando unicamente alla valutazione del quantitativo numerico che caratterizzerebbe l’ampiezza e la portata del fenomeno, risulterebbe puntuale, logico e maggiormente calzante esprimersi con il termine crudo di “invasione”. Infatti il concetto di “invasione”, come già è stato fatto notare dagli studiosi e analisti del fenomeno, non vuole significare altro che l’ingresso di uno o più popoli nel territorio di un’altra nazione, senza che quest’ultima possa opporsi a tale movimento. Pertanto questa immigrazione cospicua, inarrestabile e incontrollata, che stiamo tutti subendo, cosa altro può essere se non una invasione metodica e capillare?

Una “invasione” ben particolare visto che ha potuto, purtroppo, vantare numerosisponsors tra coloro che, all’insegna di una non ben chiara, ma certamente deleteria, “cultura della solidarietà e dell’accoglienza” richiedono a gran voce esclusivamente maggiori garanzie e tutele a beneficio degli extracomunitari, per non parlare poi di chi apertamente si è fatto portabandiera di allarmanti proposte che ci parlano di una auspicabile assimilazione totale e indiscriminata degli stranieri che spalancherebbe la porta ad una ancor più drammatica “immigrazione di popolamento”.

Già nei primi anni novanta, quando in Italia emergevano le prime più che giustificate perplessità sulla presenza degli immigrati stranieri, nelle principali città della nazione, varie “agenzie pubblicitarie” politico-culturali, degenerati e falsi uomini di “cultura” ed enti politici ricevettero cospicue commesse governative per avviare tutta una serie di iniziative molto propagandistiche e molto poco culturali al fine di convincere e di abituare la popolazione italiana alla presenza, e pertanto alla prossima forzata coabitazione, con gli stranieri ed accettare quindi come storicamente inevitabile l’avvento di una, a detta loro, inevitabile (e per taluni versi anche auspicabile) futura società multirazziale. Si trattava di una esplicita e concreta minaccia rivolta, in nome di presunte ed ineluttabili trasformazioni previste dalla Storia, a tutti coloro che avrebbero preteso di affermare il legittimo e doveroso diritto dei popoli e delle nazioni a preservare sé stessi e la propria secolare identità etnica e culturale. Pertanto per assecondare il progetto mondialista e cosmopolita negli ultimi venti anni si sono mobilitate ibride schiere di parolai, di perniciosi intellettuali, di sindacalisti, di eminenti politici e altrettanto eminenti gerarchie ecclesiastiche tutte votate a favorire con ogni mezzo l’avverarsi del progetto di una società dell’accoglienza protesa verso una futura Europa cosmopolita e multirazziale.

Un fronte compatto di mistificatori che, facendo ricorso ad una presunta fatalità storica e ad altrettanto presunti sensi di colpa, infondevano nelle coscienze degli italiani e degli europei una cupa rassegnazione riguardo all’incremento dei flussi migratori al fine di predisporre gli animi all’immediata e forzata accoglienza degli immigrati extracomunitari.

Predicando incessantemente le parole d’ordine del pensiero mondialista sulla libertà di emigrazione e di immigrazione, ovvero il procedere verso l’apertura indiscriminata delle frontiere al fine di snaturare completamente un popolo e renderlo qualcosa di “altro”, un insieme di individui amorfi orfani di una qualsiasi identità e appartenenza senza più alcuna coesione culturale e storica e pronti, quindi, a perdere anche il concetto stesso di città, regione, nazione e patria. Uomini del mondo, apolidi votati al sincretismo pseudo-religioso e pseudo-culturale e totalmente passivi e indifferenti ai mutamenti che li circondano.

Nonostante i continui disordini che continuano a investire il terzo e quarto mondo (e probabilmente anche grazie ad essi) e l’arrivo continuo nelle nostre contee europee di masse ingenti di stranieri, il meccanismo mondialista degli affari ha continuato a prosperare senza limiti, anzi e proprio per questo che è stato sostanziato da una crescita robusta e sostenuta del meccanismo speculativo finanziario-capitalistico. Una crescita così falsa, orrendamente speculativa e anarchica da causare le pesanti crisi degli ultimi periodi.

Nonostante, comunque, le recenti e note difficoltà economiche, l’unificazione del pianeta all’insegna del progresso tecnocratico e dello smisurato sviluppo economico e finanziario, ovvero i valori fondanti e costitutivi dell’Occidente mercantilistico e plutocratico, non è mai stata così avanzata. Nell’opinione dei suoi fanatici “apostoli”, l’obbiettivo della progressiva affermazione in scala globale della società multirazziale dovrà favorire la diffusione planetaria di modelli di consumo sempre più omogenei che, rappresentando uno dei presupposti principali per lo sviluppo del libero mercato globale, avvierà un processo di creazione di una nuova configurazione sociale fondata sulla distruzione del senso di appartenenza e sulla disintegrazione del legame, ancora oggi nonostante tutto esistente, tra popolo e Storia, cultura e territorio, Nazione e destino. Infatti, diversamente dalla organica visione identitaria, la visione “cataclismica” promossa dal cosmopolitismo multirazziale potrà unicamente produrre l’incubo di una irreale megalopoli mondialista, democraticamente emancipata dove, solamente in astratta teoria, tutti gli uomini avrebbero il loro posto e della quale ciascuno sarebbe un libero e indifferenziato cittadino. Purtroppo siamo coscienti che le cose andranno differentemente, la megalopoli cosmopolita e mondialista che essi farneticamente continuano a paventare sarà terribilmente difforme, perchè vi regneranno l’ingiustizia, lo sfruttamento, la violenza e l’odio. Si lacererà e la tanto decantata “bontà egualitaria” che avrebbe dovuto favorire la pacifica convivenza e quindi placare tutte le dispute darà invece all’ingiustizia, alla violenza, all’odio e alla sopraffazione mezzi moltiplicati. Il rischio dell’annientamento puro e semplice dell’umanità sarà più forte che mai. Questa ingannevole (e utopistica in ogni caso) megalopoli mondialista non potrà che crollare per forza su se stessa come la Torre di Babele, mentre l’Europa e il resto del mondo potrebbero tornare di nuovo ad essere il terreno di una nuova disputa, del nuovo e allo stesso tempo eterno conflitto che ha da sempre contrapposto la Civiltà alla barbarie.

Quindi il porsi conflittualmente sul tema drammatico dell’immigrazione e su tutto ciò che ne conseguirebbe altro non significherebbe che reimmettere il nodo centrale del riconoscimento del diritto-dovere all’appartenenza nazionale, culturale, spirituale e popolare nel cuore stesso del conflitto politico riaffermando l’intima forma della nostra preziosa e speculare identità, opponendosi al cosmopolitismo apolide e oligarchico che vorrebbe piegare i popoli europei alla fatale logica del melting-pot e delle “nuove cittadinanze” e restituendo al nostro popolo il senso e il significato di una comune e speciale Origine radicata in una memoria arcaica e ancestrale. Soprattutto evitando con tutte le forze di ricadere in quel “peccato di omissione” che era stato puntualmente stigmatizzato dall’intellettuale identitario Adolf Bartels: “Sulla terra c’è una colpa antichissima e sempre nuova, non restare fedeli al proprio popolo, non restare fedeli a se stessi.”

Se è vero che il criminale processo globalizzatore vuole tracimare le consistenze identitarie anche attraverso richiami a vaghi e indistinti “diritti umanitari alla cittadinanza” da attribuire indistintamente e indiscriminatamente a chiunque, cioè, alla fin fine, a tutti coloro che più o meno lecitamente, ma sempre più spesso illegalmente, penetrano nella nostra Nazione e per inciso poi rivendicano, anche, arrogantemente il “diritto” (?!?) a rimanerci in pianta stabile, risulta altrettanto evidente che questa parodia, ipocritamente umanitaria, offende e minaccia la nostra intelligenza e la nostra stessa sostanza popolare, le nostre radici, la nostra forma identitaria, la nostra specifica “forma di vita” con tutti i nessi interiori e superiori che la ordinano; mettendo a repentaglio la nostra stessa sopravvivenza culturale, spirituale ed etnica modificando il “paesaggio” che per secoli ci ha visti protagonisti e artefici del nostro destino, insomma tutti quei caratteri che ci mantengono e ci conservano, nonostante tutto, ancora come un popolo dando così forma e sostanza alla nostra Nazione.

Maurizio Rossi

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